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lunedì 23 febbraio 2009

Dire rumeni per non dire rom

Due o tre casi di glossofagia, se esistesse nel vocabolario, della sinistra e dei media sinistramente corretti, a partire dalla Rai: l’ultima forma di suicidio, non avere parole, se non contro Berlusconi, oppure mangiarsele, e con esse i concetti, di cui non ha più la cognizione.

I rom sono tollerati in Romania come in Italia, e non integrati (sono 2,2 milioni in Romani, e cioè un buon dieci per cento della popolazione, e tuttavia sempre ai margini). Ma si preferisce parlare in Italia genericamente di rumeni per ogni delitto da loro commesso, e sono tanti, se si contano i borseggi e i furti che non fanno cronaca. Perché i rom vanno protetti, mentre dei rumeni si può dire senza cautela che sono delinquenti.
Roma in particolare, vecchia città di mendicanti, ha avuto un’errata politica dell’accoglienza dei nomadi, per il Giubileo e dopo, e ora è sommersa dalla violenza. I borseggi sono frequenti e quasi normali al centro di Roma da parte dei giovanissimi rom, non punibili e normalmente neppure identificati, che poi diventano adulti senza mestiere. La Francia nel 2008 ha espulso settemila rumeni (l’Italia quaranta…), che in buona parte sono nomadi.

Il passante di Mestre sposta un milione di voti. Beh, un milione forse no ma mezzo milione sì, un punto percentuale buono di elettori. Ma s’inaugura il passante di Mestre e “L’Unità” e “Repubblica” non lo sanno – “Repubblica”, in breve, nell’edizione veneta.
Il passante di Mestre è trenta chilometri di autostrada, è costato un miliardo, un’iperbole per un’autostrada in pianura, ed è l’unica autostrada realizzata in Italia in trent’anni. Zapatero in Spagna si fa in un anno dieci passanti di Mestre, o in quel che è, il tempo necessario per farli materialmente, in Castiglia, in Andalusia, in Catalogna, ovunque, non ci sono blocchi. In Italia Berlusconi o Prodi riescono a stento a farne uno in trent’anni, e sono per questo protervi.

Il governo ha il dovere di governare, Napolitano l’ha sempre detto, da parlamentare e da presidente della Camera – ha il record delle leggi fatte approvare dalla sua Camera, la Camera più breve della Repubblica, prima che Scalfaro gliela sciogliesse. Ma da Presidente della Repubblica tampina il governo, questo di Berlusconi come quello di Prodi, su ogni decreto. Fa cioè il trinariuciuto, la cosa che ha sempre odiato. Sulle tracce forse di Scalfaro, l’eversore della costituzione. Può essere, ogni giorno infatti si mette di mezzo, con dichiarazioni, direttive, veline, e perfino con dichiarazioni per dire che non ha dichiarazioni, svanita è la tradizionale compostezza del Quirinale, che Ciampi aveva restaurato.

Papa Ratzinger era entusiasta del Vaticano II, seduto, immerso nella democrazia conciliare, fautore, anche teologico, dell’unità delle fedi, ancora di recente, quando in sinodo i cardinali chiamava vescovi e pastori. Ha perso queste fedi, per l’invadenza del relativismo dapprima, da intellettuale, poi da pastore per l’assalto incredibile dell’anticlericalismo, compreso quello di altre chiese. Nessuno s’interroga perché succede, tutti si limitato a deriderlo.

Abbiamo tanti leader politici, ogni giorno metà dei telegiornali va via per loro. Ma sono figli d’arte. Di un’arte perduta: ripetono il già detto. I vecchi Dc, benché si dicano giovani sessantenni, non sanno che odiare i Ds, cioè il (vecchio) Pci, che fu per mezzo secolo la loro ragione d’essere. Ma i vecchi Pci, benché giovani cinquantenni, non sanno nemmeno loro che dire. Anche quelli che sembrano promettenti quando cominciano a parlare: Finocchiaro, Bersani, Fassino, dopo un paio di battute tornano vecchi di almeno quarant’anni fa. D’Alema sembra la caricatura di se stesso, non una frase che si ricordi, un’idea, una proposta – vuol’essere quello di Nanni Moretti? ce lo dica, almeno ci divertiamo.
Figli d’arte sono, curiosamente, anche gli ex missini, anche loro parlano per sentito dire (andreottiani, craxiani, perfino morotei...). Il vero fascista Mussolini era stato a lungo vero socialista, e insomma, seppure tragicamente, era vero in qualcosa. Questi sembra che si affannino per non pensare.

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