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lunedì 31 gennaio 2011

Secondi pensieri - (62)

zeulig 

Cristo - È mito umano, la divinità vi è poco presente. Ma ha mai peccato? No. E allora, che uomo è? È un uomo dell’Oriente che “fa carriera” in Occidente. È l’agente dell’Oriente che conquista l’Occidente? Quant’è la parte di Cristo nel cristianesimo, e quanta la parta di san Paolo e dei Padri, è vecchio problema. Linguaggio e temi dei Vangeli sono più vicini alla bibbia o alla tradizione iranica (indiana)? Le parabole. L’irenismo. I miracoli. Gli angeli. Lo stesso monoteismo, più indoeuropeo che ebraico. Di biblico c’è la promessa della salvezza, e il Messia, l’Incarnazione. Cristo è vicino alla Bibbia. Che è vicina alle culture mediorientali.

Dio - È nel cristianesimo un’ipotesi consolatoria, anche nella sua cattiveria, che può essere senza limiti. Non può essere creazione demoniaca, ma la felicità inafferrabile è idea malvagia in sé. Nietzsche dodicenne (Halévy, 24) pensava che lo Spirito Sato fosse in realtà il Diavolo. Ma dirà poi a Deussen (ib.,52): “Se sacrifichi Gesù, devi sacrificare anche Dio”. A. Cohen lo vuole, con Pivot, “una nostra invenzione: l’hanno inventato gli ebrei nella Bibbia. È la proiezione dello spirito profetico”. È la nostra Mancanza, l’ipostasi dei desideri inappagabili? Il diavolo è allora la realtà – la materia – che si configura invece come impenetrabile. Dio è soggettivistico, idealistico, e il diavolo realistico? “Esiste un mondo reale, un problema reale del tempo, un problema reale dello sviluppo e un problema reale dell’aumento di entropia” (Popper di Boltzmann, “Società aperta universo aperto”, 68). Resta il problema del perché l’uomo rifiuta il reale, lo abbandona al demonio. Il rifiuto della sessualità si spiegherebbe come paura della riproduzione, e quindi desiderio di morte. Oppure come rifiuto dei vantaggi evolutivi della riproduzione nei grandi numeri, e quindi come paura. Ciò non si spiegherebbe, saremmo in un circolo. Oppure si spiega proprio così. “Ciò che si chiama Dio” (Tommaso d’Aquino) è incoerente: è in corsa per salare il mondo dalla sua condanna, cioè contro se stesso. Dante lo rileva - beffardo? – sulla porta dell’Inferno: “Fecemi la divina potestade, la somma sapienza e il divino amore”. È vendicativo? La stessa incertezza materialista sui destini dell’universo è della fede religiosa – se Dio è ritenuto, come nell’ebraismo e nel cristianesimo, collerico e vendicativo. Anche in senso religioso il mondo può prendere significato unicamente in una prospettiva di “miglioramento”. Il filone pessimista dello storia come rotolamento verso il basso rispetto all’età dell’oro (Guénon et. al.) è anti-religiosa. 

Ecologia – È la storicizzazione (sterilizzazione) della natura. Vecchia polemica del Tre-Quattrocento era il rigetto della natura in quanto corruttrice. Il rigorismo cristiano (stoico)e la morale ascetica negavano la natura. Natura era l’accettazione (epicurea) di se stessi, delle inclinazioni umane. L’ecologia trasferisce alla natura il rigorismo ascetico: rinuncia, asepsi, silenzio. Una razionalità lineare, mentre la natura è eccessiva: violenta, imprevedibile, estrema.

Edonismo – Spiega da solo l’invadenza della morte: là dove c’è la paura della morte non può che esserci una cultura edonistica, o viceversa. Perché l’Occidente cristiano anche se laico, fa la morte così brutta e insieme condanna l’edonismo? Forse perché è nell’edonismo che hanno le radici alcune piante pericolose, come la tolleranza e l libertà. Di cui l’Occidente si fa bandiera ma che ammette da poco e con riserve. 

Fede – Il sesso è il più grande equalizzatore che ci sia, si sa (il sesso e non l’amore, né l’erotismo, più o meno raffinato che sia). Più della natura o ecologia – il trekking in solitudine, le chiare fresche dolci acque, eccetera. Anche la fede è un equalizzatore, e un piacere che non costa: Con un vantaggio e un handicap, rispeto al sesso: si può godere in solitario, ma vuole stimoli complessi. 

Laicismo – È insufficiente per il pregiudizio antireligioso, specie delle religioni totalizzanti, cattolicesimo, islam, e soprattutto in Italia. Comportando la rinuncia a molti strumenti che, inestirpabili, rendono sterile la ragione che non ne tiene conto. Per esempio le “opere”: la soma di opere buone per il cristiano cattolico conduce alla salvezza, per cui i favori politici difficilmente si connotano negativamente. Oppure, salendo di livello rispetto alla politica, la “confessione”: il disprezzo della confessione (peraltro rivalutata in ambito psicanalitico, laico all’estremo) comporta il rifiuto, ingiustificabile, della sequenza colpa-rimorso-confessione da cui la natura umana (non solo gli ordinamenti in vigore, cioè) non può prescindere. Nato modernamente e male, per il pregiudizio anti-religioso, il laicismo s’impoverisce insieme col razionalismo.. 

Morte – La morte che non c’è finché viviamo, e quando non viviamo più non ce ne frega nulla, è Epicuro. Ma non vuole dire nulla. Anche Cristo certo ne ebbe paura, e prima ancora della Passione. Ma è il suo peccato: non ebbe abbastanza speranza. 

Razionalismo – È minato dall’identificazione con la modernità, e con la semplificazione. L’automobile, icona principe della modernità, non ha nulla di razionale (ingombro, costo, design, fatica, veleni) – se non quella sensazione di libertà che è la meno razionalizzabile, cioè semplificabile. Razionalzzare è “andare avanti” e scegliere, cioè semplificare. Ma questa funzione richiede più, e non meno, saggezza. Mentre il razionalismo pratico induce un senso di superiorità che si accontenta di poca riflessione, e di ancora più ristretta considerazione. Così l’auto prospera, il sesso si sterilizza, e la procreazione, la politica si pensa disinfettata, e il primo ministro norvegese, una signora, può rimproverare al papa il mancato uso del preservativo. È razionalista anche la “nuova razionalità”, quando non è indagine critica, modello aperto. Vale il principio della scoperta – “la spiegazione del noto mediante l’ignoto” (Popper, “Scienza e filosofia”, 52). Vale anche per la filosofia. È, come la scienza, il “venire a sé dello spirito”. 

Riso – Il mistero è nel ridicolo. “Il ridicolo è più tagliente\ che la lama della ghigliottina”. Baudelaire, “Th. Gautier”. Dio non ne è capace, solo l’uomo. La statua di Giove ride sorniona nel “Caracalla” di Svetonio, Dio mai. È il senso critico? È una reazione nervosa? 

Santità – È nozione fisica e comportamentale. Non si diventa santi per aver interpretato-capito Dio (teologi) ma per averlo imitato: è santo chi vuole, non lo si è per caso. Resta il problema dell’umiltà. È orgoglio? In Ignazio sì, dichiaratamente, in Filippo Neri o Luigi Gonzaga pure, benché (proprio perché) negato: il santo è un superbo, come il diavolo. La partizione è casuale? I santi costruttori hanno molto fiducia in se stessi, inclusi i teologi, i pauperistici (Francesco d’Assisi ha creato un’allegoria – francescano – e quindi un mondo), perfino i mistici. Ignazio ha creato un organismo: non una pietas, non una sensibilità, ma una strategia. Dell’amore missionario, compresi i gesuiti che governano Pechino fomentando alle frontiere la rivolta. Ma resta, come all’origine, una difesa. Il termine in uso per la vita celebrativa dei santi – apologia – è all’origine argomentazione a favore di qualcosa o qualcuno oggetto di biasimo.

zeulig@antiit.eu

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