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lunedì 22 ottobre 2012

L’indigenza della Funzione Pubblica

Lasciata nuda dal governo tecnico, la Pubblica Amministrazione mostra tutta la sua indigenza nella legge di Stabilità - ex Finanziaria, ex di Bilancio, il nome cambia ma l’incapacità è la stessa. Si fanno tagli per diecine, centinaia al massimo di milioni, a fronte dei quali s’imbastiscono controlli e spese per almeno  altrettanto. Mentre bisognerebbe lavorare sui miliardi e sulle voci vere di spreco: gli appalti, le convenzioni. E si modulano tasse di cui non si è capaci di calcolare l’effetto. Se non quello di scoraggiare ogni attività. Con i passati governi se ne potevano accollare le colpe ai ministri inesperti o inetti, ma non si può ritenere inetto l’ex rettore del Politecnico di Torino e presidente del Cnr oggi all’Istruzione, o il ragioniere dello Stato al Tesoro e Finanze.
È la vecchia burocrazia che si perpetua, quella del fascismo passata al democristianesimo, e indenne a Mani Pulite. Che si aggiorna (fa i master, impara l’inglese), ma solo al fine di perpetuare il controllo della società. La spia è il costante e distinto, naturalmente non dichiarato, alla privatizzazione della funzione pubblica, nella sanità e nella scuola: bene pubblico guadagni privati. Si jugula la scuola pubblica con misure coercitive intollerabili, un anno l’accorpamento delle scuole, un altro l’aumento dell’orario di lavoro per gli insegnanti. Per risparmiare cento o duecento milioni. Mentre si elargisce mezzo miliardo o più alla scuola privata. Senza tenere conto che la scuola è, a prescindere dalla confessione e dalla ideologia, la scuola pubblica, che disorganizzarla è creare un problema sociale grave. Ogni anno s’introducono ticket e tasse sulla sanità, e si limitano le prestazioni, senza dire mai che il disservizio e i costi sono determinati dalla privatizzazione del settore, prevalente da circa vent’anni, cosa che i burocrati sanno bene, dalla natura ambigua, pubblico-privata, della sanità.
Un’incapacità che si accoppia alla protervia. Il patrimonio immobiliare dello Stato, immenso, costosissimo, non si può alienare perché la burocrazia non lo consente. I militari soprattutto, con le loro enormi caserme, vuote dopo la fine della leva. E i palazzi di rappresentanza, del Seicento, del Settecento, multipiano con scaloni, un palazzo principesco per ognuno dei comandi, regionali, provinciali, cittadini, delle varie armi. Una protervia indifferente al ludibrio. È il caso dell’Anvur, il massimo della modernizzazione dell’Istruzione, la valutazione tecnica e anzi “scientifica” dei titoli all’insegnamento, che si modula sul più bieco  parrocchialismo – si ha titolo a insegnare all’università se si è scritto sui bollettini diocesani.
Si parla molto del Sud, delle mafie, della corruzione, ma il vero cancro maligno dell’Italia è la Funzione Pubblica. Tale che anche burocrazie già rodate e capaci, al Tesoro, all’Interno, agli Esteri, diventano inette e dannose. Incapaci di progettare e, come si vede dalla legge di bilancio, anche di calcolare.

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