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domenica 17 novembre 2024

Se il rimpianto è sterile

Un poemetto a Belluno, la “montagna” del Veneto, dove passa le vacanze estive, “ogni estate a Belluno,\ per almeno due mesi”, con uso ampio della toponomastica, curiosa. Ma in realtà un poemetto all’assenza, sempre a Raboni, alla memoria di Raboni, l’amore immortale. “Le nuove ere sono qui, lo so”, ma non per lei, “oh mio Ideale, mai ti dirò addio”. Anche gli alberi lo sanno: “I due cedri deodara\ parlano tra di loro\ - Che bella notte chiara!\ Ma il sole d’oro\ non sorgerà per loro”, i due amanti.
Con la poetica: “È l’impoetica la mia poetica:\ il poetico ammazza la poesia”. Con Da Ponte (il “Don Giovanni”, variamente richiamato), nato a Ceneda, cioè a Belluno. Con momenti vecchi, di felicità, liberamente svolti, tra “cazzi” e “culi”. E momenti nuovi, di letterine al sindaco Sala, e al presidente Mattarella, che diano una medaglietta a Giovanni (Raboni). Jean Paul aveva sempre vivo il “Discorso del  Cristo morto”, Valduga ha il “Discorso del Giovanni morto”.
Versi semplici, come un compitare infantile, che invece si radicano nobilmente – la scoperta si fa nelle note finali, senza richiamo in pagina: Patrizia Valduga accentua il suo ultimo modo, di rimette facili in settenari, anche endecasillabi andanti. Ma qui monotoni. Lo spiritaccio è sempre quello, ma anche le rime zompettano – la morte di Raboni ha inaridito la “veletta”, le mort saisit le vif?
Patrizia Valduga, Belluno, Einaudi, pp.121 € 14,50

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