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La resistibile ascesa di Smotrich e Ben Gvir
Un’inchiesta giornalistica del “New York Times
Magazine”, il settimanale del quotidiano, un anno e mezzo fa, il 26 maggio
2024. Esito di “un lavoro di anni”, di “centinaia d’interviste a militari,
politici, giudici e agenti dei servizi israeliani”, con “decine di documenti
portati alla luce”. Di cui la conclusione è questa del sottotitolo: “Come un movimento estremista ha conquistato
Israele”.
L’inchiesta spiega le origini, la dottrina, le prime
iniziative sul campo, e il deflagrare della colonizzazione forzata incontrollata,
e quasi sempre spesso sostenuta, dalle autorità. Dalla polizia, dai militari e dai giudici di Israele. E dal presidente Chaim Herzog, padre del presidente attuale. Nei territori palestinesi ancora dopo il
1948, Gaza e Cisgiordania (si tace di Gerusalemme Est). Coagulata nel 1967, dopo
la guerra dei Sei Giorni e la conquista israeliana di questi territori – con il
Golan, e il Sinai. Con la nascita a ridosso della vittoria di “Gush emunim”, il
Blocco dei fedeli, “determinato a colonizzare le terre appena conquistate”. Con una serie di atti di terrorismo, stragi per lo più, anche sacrileghe, impunite o allora blandamente. Fino
a diventare la parte condizionate dell’ultimo governo Netanyahu, quello in
carica da tre anni: a dicembre del 2022 per loro era fatta. Netanyahu, sotto processo,
ha evitato la sicura condanna e dopo un anno e mezzo lontano dal potere ha formato
il suo sesto governo poggiandosi sull’estrema destra. Con lo Smotrich sghignazzante
che domina oggi i media, titolare formalmente delle Finanze ma “con l’incarco speciale
di supervisionare la maggior parte delle attività del governo israeliano in Cisgiordania”.
E con Ben Gvir ministro della Sicurezza Nazionale, uno con cui Netanyahu evitava
di parlare appena due mesi prima di farsene una sorta di vice, “condannato
più volte per avere sostenuto organizzazioni terroristiche”, nonché “autore di
minacce di morte” contro il premier socialista Rabin, assassinato poche
settimane dopo da un terrorista suo seguace, Yigal Amir (con la complicità
forse dello Shin Bet, il servizio di sicurezza interna: un suo agente
infiltrato, finto terrorista, che sapeva tutto delle intenzioni di Amir, fu
assolto nel 2000).
Una trattazione senza punte polemiche, ma terribile nella sua ordinarietà. Il sottotitolo è la verità della vicenda: come il male è facile –
“banale”. Per una lettura deprimente, come quella dei tanti storici critici, anche israeliani: furberie e violenze prospettano che sembrano estratte dalla pubblicistica antisemita.
Romen Bergman-Marx Mazzetti, L’impunità dei coloni,
Internazionale Extra Large, pp. 69 € 8
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