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San Francesco era un altro
Tra poco fanno 800 anni della morte di san Francesco.
Nel 1926 ricorreva il settimo centenario e un piccolo editore commissionò a un prete,
Paolo Ardali, un opuscolo “in linea”, “San Francesco e Mussolini”. Da questo
aneddoto Barbero parte alla ricostruzione della figura del santo, che rimane
complessa e indistinta. Anche onnivora, comprensiva pure del parallelo col Duce
di don Ardali, che Barber ritiene non sacrilego: uno che “giovanissimo, conobbe
in Svizzera le fatiche del lavoro manuale, portò sulle spalle mattoni”, come
Francesco per la sua chiesetta, e fu “soldato fra soldati, semplice e umile
visse in mezzo a loro, come san Francesco di cui racconta Bonaventura” – e “oh,
quanto spirito francescano c’è nella vita di Mussolini!”.
Barbero non dice che non c’è – non ce n’è bisogno? Cita
l’esergo di don Ardali dai “Fioretti”: “Dixe frate Masseo: Dico, perché a te
tutto il mondo viene dietro, e ogni persona pare che disideri di vederti, et
d’udirti et d’ubbidirti?” Già, perché? L’accostamento Barbero dice non
stravagante, e poi spiega il perché. Perché un po’ troppi tirano il santo per
la giacchetta, se ne vogliono emuli, e facilmente seguaci – anche se non si sa
di che.
Barbero, noto come divulgatore ma medievista di
professione, una lunga collaborazione con Chiara Frugoni, la specialista finora
più accreditata del francescanesimo, interviene nel mercato già affollato – e tutto
di bestseller – di vite del santo (Busi, Cazzullo, Frugoni riedita, et
al.) con un approccio singolare. La rilettura dei primi scritti sul santo e
il francescanesimo, quelli che ne hanno creato il mito. La sua “autobiografia”,
di Francesco, ovvero gli scritti che gli vengono attribuiti, dato che lui è
(quasi) certo che fosse mezzo analfabeta: “I due biglietti di san Francesco che
si conservano…..dimostrano…. che il santo era a mala pena alfabetizzato, capace
sì di scrivere, ma con una grafia faticosa ed elementare, ed in un latino piuttosto
sgrammaticato”. E poi le varie vite compilate,
su prescrizioni e direttive papali o francescane, subito dopo la sua morte.
Quindi, “L’autobiografia di san Francesco”, partendo
dal “Testamento”: non molto ribelle, anzi in linea con la chiesa. “Il Francesco di Tommaso da Celano”, nelle tre
versioni che il frate dovette arrangiare sulla base delle committenze. “La
leggenda dei Tre Compagni” - o “Francesco nel ricordo dei concittadini”. “Il
Francesco del Memoriale”. “Il Francesco della Compilazione di Assisi”. “il Francesco
di Santa Chiara”. E “Il Francesco di Bonaventura”. Con l’“Epistula de tribus
questionibus” e “Il lupo di Gubbio”.
Il governo rimette san Francesco tra i santi da vacanza.
Anzi l’unico, è bene il patrono d’Italia. Ma ce lo rimette sull’onda green,
di un modo di essere, se non proprio francescano, povero, però della poetica
dell’animalismo e della pace con i miscredenti, quasi un anti-fondamentalista.
Ma Francesco non era “francescano”. Non era nemmeno la copia di Gesù, come si
volle rappresentato nelle prime biografie.
Barbero non deve faticare nemmeno tanto per
attestarlo. Le testimonianze d’epoca si contraddicono. E per lo più si tacevano
i lati non santificabili del carattere: spesso duro, anche contraddittorio,
segnato dalle delusioni più che dai miracoli. La confusione era tale che dopo
quarant’anni dalla morte, l’Ordine francescano prese “una decisione senza precedenti”:
ordinò la distruzione delle vite in circolazione e le sostituì con una, “Legenda
maior”, opera del generale dell’Ordine, futuro san Bonaventura. Le copie non
furono rintracciate in tutte le biblioteche, e rinvenute o ricostruite mostrano
“un Francesco molto diverso”. Non quello degli affreschi di Giotto ad Assisi,
il beato che parlava agli uccelli e ammansiva i lupi. Né quello che amabile
discuteva con i mussulmani, precursore dell’ecumensimo, dell’irenismo. Era “uomo
di gesti dolcissimi” ma anche di asprezze, tanto più violente perché inaspettate.
Una poesia riportata alla prosa, gli ardori o illuminazioni alla fatica. Una piega della storia che è forse necessario spiegare. Un riesame, forse Barbero non lo sa, che la “complessità”
– controvertibilità - del Francesco papa ha innescato. La santità è complicata.
Alessandro Barbero, San Francesco, Laterza,
pp. 448, ril. € 20
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