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mercoledì 5 novembre 2008

"Economist" e "Ft" a guardia dei ladri

In un’intervista perfetta con Federico De Rosa sul “Corriere” domenica Ruggero Magnoni ha spiegato la verità del crack bancario. Riguarda le banche d’affari. Riguarda alcune di esse, Lehman Brothers è la più importante, che il governo americano ha sacrificato. Mentre Merrill Lynch è stata salvata dallo stesso governo, anche se a un costo tre volte superiore. E Goldman Sachs ci ha guadagnato. Goldman Sachs è la banca d’affari da cui proviene il ministero del Tesoro Usa, Paulson, che ha gestito fallimenti e salvataggi.
La crisi non è quella dei mutui, quella era stata a tutti gli effetti assorbita. La crisi è delle banche d’affari e dei loro innumerevoli brokerages, nei quali tutto il mondo è coinvolto. Lo strapotere, finito della polvere, delle banche d’affari Usa è derivato dalla loro abilità di trovare “la soluzione a ogni esigenza finanziaria”, e dalla libertà loro colpevolmente concessa di fare “tutto, dallo advisory, al brokerage, al credito, ai derivati, agli hedge fund, alle analisi”. Non è l’ultimo motivo per cui l’America ha votato massicciamente contro i repubblicani di Bush.
Ma la colpa non è di Bush, o perlomeno non solo del presidente uscente, degli affaristi che ha imbarcato al governo. Le banche d’affari sono sempre con noi. Impegnate in questo momento nella redazione delle nuove regole, che dovrebbe partire col vertice di Washington la settimana prossima. In Europa il loro ruolo è del resto inalterato. Anche perché esse mantengono un ruolo condizionante anche nell’informazione economica. In paesi deboli nell’informazione come l’Italia, e in quelli forti.
Sono le banche d’affari che pilotano, con le indiscrezioni, giornali forti come il “Financial Times” e l’“Economist”. Il fatto è notorio. Ed è riscontrabile: ogni campagna d’informazione si rivelerà, a uno-due mesi, opera di una o più banche di affari contro altre, quella che avevano in mano l’affare da sabotare o da conquistare. Oppure si può vedere leggendo il non detto.
Si continua a rubare
Si risollevano le sorti politiche di Brown in Inghilterra perché è intervenuto prima e più rapidamente di ogni altro a salvare le grandi banche. Col pauso delle vestali del mercato, “Economist” e “Financial Times”. Senza un cenno di autocritica dei due giornali. Che sono fatti dalle banche d’affari, e dai compari di queste banche, gli istituti di rating. Dai grandi ladri all’origine degli ammanchi senza precedenti che hanno svuotato il mercato. E porteranno a una reazione a catena di fallimenti, non esclusi le stesse vestali del mercato e della dirittura morale, “Economist” e “Financial Times”. Ma senza allarmi, né mea culpa.
Che il senso morale britannico sia jingoista, si sapeva: Londra è la migliore. Ma che il nocciolo della corruzione sia ancora protetto significa che la crisi, per quanto grave, lascia inalterato l’assetto degli affari. Si rubava, cioè, e si continua a rubare.

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