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lunedì 19 luglio 2010

Le illegalità dei giudici, nel silenzio delle istituzioni

Il Procuratore dell’inchiesta, a suo dire, più scottante della Repubblica dà un’intervista al giornale “la Repubblica”. E già questo sarebbe passibile di carcere duro. Ma lo scalfariano Capaldo, impunito come il suo protettore, va oltre, col metodo del qui lo dico e qui lo nego. Al giornale fa dire “devastante”, poi precisa, per rimarcare di più il suo assunto: “L’espressione virgolettata “«una società occulta devastante che condizionava le istituzioni» non è mai stata pronunciata da me”. Furbo certo, un giudice napoletano non può non esserlo. Ma tutto questo è illegale.
Non è la sola illegalità dei giudici, garantiti nell’impunità dal Csm. Ci sono, da Bari in poi, cioè da quando si è parlato di delimitare l’illegalità dei giudici, i verbali pronti per la pubblicazione. Selezionati: un tema al giorno – ogni due giorni se un tema attecchisce. Tutto ciò non solo è illegale, ma indica che c’è una manina dietro questi verbali, e quindi un’organizzazione.
Il Tar del Piemonte passa sopra alle leggi elettorali, nazionali e regionali. Cioè a leggi di rilievo costituzionale. Solo per mettere nel mirino, con l’eletto leghista alla Regione Piemonte, una lista Udc dissidente che ha osato sostenerlo. Tutto questo è assurdo prima ancora che illegale. Senza che un solo grido di dolore si sia alzato dal presidente della Repubblica o da un qualche luminare del diritto: un tribunale disapplica leggi di rilievo costituzionale, leggi specialmente sensibili perché ledono la libertà di voto, e non un solo lamento si sente.
Questa diffusa illegalità è d’altra parte sostenuta dal partito Democratico, anzi ne è la linea del fronte, e questi è tutto dire sulla natura democratica di questo partito di refoulés, gli sconfitti della storia – di sinistra avranno la maschera sinistra. Lo stesso Capaldo fa un processone al napoletano Cosentino, per aver fatto dire che il suo rivale di partito e di candidatura alla Regione Campania Caldoro era un finocchio. Roba che ogni candidato dice del suo concorrente. Essendo una querelle napoletana, non interessa molto al resto dell’Italia. Ma Capaldo è un giudice napoletano che opera a Roma: li ha ma letti i dossier (non le chiacchiere) di De Benedetti contro D’Alema?

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