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lunedì 19 luglio 2010

Non è Wilde, ma è come se

Giallo doppio: trovare l’autore, e poi trovargli l’opera. Ricostruisce una probabile attribuzione a OscarWilde sulla base degli argomenti che Wilde dopo il carcere annunciò qui e là di voler trattare e che in qualche modo sono presenti nel testo. E dà al testo, poco wildiano (scintillante), una sia pur modesta dignità. Tutto questo partendo dal solo indizio che l’opera fu pubblicata nel 1919, sotto lo pseudonimo di Oscar Fingal che corrisponde ai primi due nomi di Wilde all’anagrafe. Formidabile racconto filologico di Lilli Monfregola, la cui ricostruzione costituisce la vera lettura, su un fondo di bottega di una libreria del Vomero che chiude, e del fantasioso editore di Robin-Vascello, Claudio Maria Messina. Tutto fila. E perché l’editore non pubblicò il testo col nome di Wilde, che gli avrebbe valso un successo a occhi chiusi? Perché nel 1919 non si poteva citare O.Wilde. Manca solo un tocco wildiano: che lo stesso indizio sia falso: il testo, o l’autore pseudonimo, essendo l’editore originario, Alfieri & Lacroix, ben radicato nella storia dell’editoria). Nella “letteratura di mezzo”, o dei falsi letterari, farebbe testo. Oscar Fingal Wilde, Divagazioni sulla felicità, Robin-Biblioteca del Vascello, pp. 129, € 10

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