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domenica 9 gennaio 2011

Più Asia, e Mediterraneo, nella crisi di Gioia T.

Dopo quindici anni di crescita abnorme, con una tenuta sostanziale anche nel 2009-2010, anni di crisi, lo scalo container di Gioia Tauro chiude l’attività per tre giorni. È una soluzione, radicale e limitata insieme, caratteristica delle relazioni industriali in Germania, e quindi della Eurokai, la società amburghese che ha lo scalo in gestione. Ma è anche un possibile primo passo verso una ristrutturazione, per un diverso dimensionamento del traffico trans-shipment. Che vede ora in crescita soprattutto due aree regionali, l’Est asiatico e il Mediterraneo occidentale, rispetto alle rotte transoceaniche privilegiate nell’ultimo ventennio, per la crescita della Cina e delle tigri asiatiche come economie esportatrici.
Lo scalo di Gioia Tauro ha tenuto durante la crisi anche per un ridimensionamento delle tariffe, predisposto dall’autorità portuale. Ora però questo non sembra bastare ai maggiori armatori, Maersk e Msc. Il maggiore gruppo mondiale, la danese Maersk (in Oriente Mcc Transport) è da un anno e mezzo in perdita. Msc ha risultati trimestrali alterni ma deboli. Anche gli armatori asiatici lavorano in perdita. La crisi è però del trasporto globale, con sacche proficue invece in termini regionali. È così che Maersk non cessa di investire: ha in fase di conclusione l’appalto ai cantieri coreani Daewoo di venti meganavi da 18 mila Teu, 360 mila Teu in totale, per un valore di quattro miliardi di dollari. Tutti i maggiori player internazionali moltiplicano le flotte. Conosco, il primo gruppo cinese, anch’esso in perdita da un anno e mezzo come Maersk, ha appena ordinato nuovo tonnellaggio per 340 mila Teu. Il primo gruppo di Taiwan, Evergreeen, per 250 mila Teu. Il mar della Cina è l’area di maggiore sviluppo del trasporto via container.
L’Europa continua a vantare i maggiori armatori del settore: la danese Maersk, la svizzera Msc, e la francese Cma Cgm. Che giocano ancora su un prospettiva globale. Ma, soprattutto il gruppo francese, con un’ottica di sviluppo mediterranea. Nell’aspettativa di un’integrazione sempre più ampi e sviluppata del Mediterraneo del Sud, Marocco, Algeria, Tunisia, Egitto e Turchia, un mercato di 160-180 milioni di persone, con 45 milioni di salariati, in grado già di competere in alcun i settori (cuoio, abbigliamento, arredamento), con la Cina, per prezzi e standard.

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