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domenica 22 gennaio 2012

Thomas Mann, l’elezione nell’abiezione

“Ho l’impressione come se non dovesse avvenire più nulla” – dalla prefazione 1953: la migliore letteratura contemporanea è “un ricapitolare ed evocare ancora una volta il mito occidentale – prima che cada la notte”. Questo è vero, la guerra aveva lasciato più macerie che voglia di fare. Si festeggiò la liberazione, ma furono orgasmi solitari e rapidi. C’è però un fondo decadente nel grande affrescatore Thomas Mann: una borghesia minata (l’ultimo dei Buddenbrook ne recide l’albero genealogico), un’umanità incestuosa e cinica, l’estetismo odiosamato (Kröger, Aschenbach, Faustus, l’Impolitico, Fratello Hitler..), la religiosità di maniera (Giuseppe, l’Eletto) – l’ancoraggio è più solido, meno morbido, nel lirico Heinrich Mann. Cosa significa allora vedere in un uomo così introverso, preso di sé, il testimone dell’epoca? 
Thomas Mann. L’Eletto

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