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martedì 31 dicembre 2019

La politica del populismo

È il todos caballeros. Biancaneve e i sette nani. Cenerentola. The King and I. L’asino che vola. Il mendicante e il re. Il principe azzurro. Il mondo delle fiabe. La fantasia fatta realtà. La logica democratica. La democrazia dal basso, uno vale uno. Mai politicizzazione fu più diffusa, e quotidiana, ossessiva – quanto oggi che è in discredito. È questo il contenuto ultimo dell’inafferrabile populismo: gli individui più inverosimili si candidano alla guida del governo, e vengono creduti, i fedeli sono come gli officianti.
C’è da meravigliarsi? No, solo da compiangersi – o altrimenti dichiararsi reazionari: gerarchici, sanzionatori, intolleranti. Il populismo è sempre stato attivo, sottotraccia e sopra le righe, per l’equivoco individualista. Che è alla radice del liberalismo – alla radice il liberalismo è anarchia. E oggi della democrazia, intoccabile. Che può essere solo egualitaria, uno è uno.
Il populismo è stato l’ingrediente che ha cementato la chiesa per duemila anni, l’istituzione più longeva al mondo: tutti potevano diventare vescovi, cardinali e papi. Anche santi: essere assassini, incestuosi, stupratori non ha disturbato. Ma c’è per questo da rallegrarsene?

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