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Congedo parentale
Sempre più s’incontrano trenta-quarantenni, a giudicare dal fisico, la
barba non curata, i capelli trasandati con cura, i tatuaggi, che, dopo aver portato
il cane allo sfogo mattutino tra le 8 e le 9, portano il bambino o la bambina
all’asilo. Normalmente verso le nove, un po’ in ritardo – tanto non c’è orario.
Bambini di due-tre anni, quasi sempre perplessi – specie i maschietti
Probabilmente per l’uso incongruo del carrozzino, nervoso.
Ci sono asili un po’ dappertutto. Basta un appartamento luminoso, meglio
se con un giardinetto – e una laurea, breve, in Scienza dell’educazione. Ora
che i megaasili con parco delle suore, di cui il quartiere era pieno, sono deserti, e
quelli pubblici sono uno solo. In alternativa, si vedono gli stessi genitori,
tra le 11 e le 12.30, gironzolare per il parco di quartiere. Non all’angolo
giochi: lì il bambino, per quanto accudito, ci mette nulla e buttarsi dall’altra
parte dello scivolo, dalla torretta, o a rovesciarsi sull’altalena, per quanto
bassa e bene ancorata – lì ci sono bambinaie, mamme, sorelle, e qualche nonno.
Forse perché pazienti, o rassegnati.
Al parco questi padri, si presume, giovani procedono al cellulare. E
come accigliati. Per sentire meglio ciò che viene detto, o scontenti? Hanno
paura? O si aggrotta sempre la fronte quando si lavora e non ce ne accorgiamo?
Anche loro, evidentemente, se non sono in congedo parentale, lavoreranno da
remoto - fanno smart working.
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