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sabato 27 settembre 2025

L’ebraismo italiano e Israele

Si discute molto nell’ebraismo italiano sulla guerra. A leggere il giornale, ma è anche ovvio. Ma con un cambiamento che invece non viene rilevato. Non c’era molto sionismo (passione per Israele) nell’ebraismo italiano, non sicuramente in quello romano, nel 1967, al trionfo nella Guerra dei Sei Giorni – “quelli sono pazzi”. E ancora nel 1973-74, alla quasi sconfitta con l’Egitto. Israele sembrava un altro mondo. Anche Primo Levi, era molto distante da Israele.
Poi le cose sono cambiate: ci sono matrimoni misti (alleanze familiari) tra le due sponde del Mediterraneo, qualcuno nel “ghetto” ha imparato l’ebraico, molti nomi ebraici sono adottati, ci sono investimenti israeliani. L’Unione delle Comunità Ebraiche ha il miglioramento della conoscenza e dei rapporti con Israele nel suo statuto. La stessa presidente dell’Unione, Noemi Di Segni, eletta già dieci anni fa, è israelo-italiana, economista, ufficiale di complemento in congedo della intelligence israeliana.

Grosso modo il cambiamento coincide con i due lunghi, entrambi prestigiosi, rabbinati romani, i cinquant’anni di Toaff e i venticinque di Di Segni. Non tutti sono sionisti, non Liliana Segre, non Edith Bruck. Ma Israele è una corda viva nell’ebraismo italiano. L’Italia – come la Germania – ha qualche problema storico a prendere le distanze da Israele, ma nella prudenza del governo c’entra anche il rispetto verso il sentimento della comunità ebraica. L’Italia è pur sempre il paese che organizzava (p.es. da Santa Cesarea Terme nel Salento, a opera di Ada Ascarelli Sereni) gli imbarchi semiclandestini di ebrei verso la Palestina quando gli inglesi li avevano proibiti.

Altrove, soprattutto in America, l’ebraismo ha preso le distanze dal sionismo. In Italia, dove non era sionista, lo è diventato.

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