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Quando Hemingway si antivedeva
Il racconto, del 1936 (su “Esquire”, ripreso dalla
rivista nello speciale dei suoi cinquant’anni nel 1973, scaricabile, anche in
traduzione), rivisto casualmente nella sua prima trasposizione al cinema è un sorprendente
Hemingway, che si racconta trentenne come un fallito, malgardo la celebrità e
l’autorevolezza raggiunte, e senza futuro, se non di scoramento. Una sorta di introspezione autopunitiva. E quasi un
programma.
L’Hemingway di Gregory Peck accentua il realismo del racconto,
essendo un falso Hemingway. Li occhi inevitabilmente sorridenti. Innamorato non
di questa o di quella ma di Ava Gardner e Susan Hayward. Un set dichiaratamente
falso, teatrale, che accentua il senso delle riflessioni. Che si presentano in
forma di confessione a futura memoria: Peck-Hemingway, a caccia grossa in
Africa, ferito a morte, racconta alla seconda non amata moglie, una donna ricca
e volitiva, i suoi fallimenti: l’alcol, l’amore, la scrittura, “un solo libro
buono” in tanto scrivere, la nostalgia dei primi anni a Parigi, spiantato e
ammirato, due mogli e un amore vero rifiutato da giovane, un padre che per questo gli
profetizza sventura, e lo congeda regalandogli una carabina, arma che poi sarà fatale, la Spagna, la
guerra. Il male di vivere.
Una vita vista come incapacità, fallimento,
disperazione. In amore, nella scrittura, nell’alcol, e nella caccia grossa come
sfida – invito – alla morte.
Impressionante, sembra un testamento, che Hemingway
si sarebbe poi impegnato a rendere valido in ogni punto.
Henry King, Le nevi del Chilimangiaro, TV2000
The snows of Kilimajaro, https://classic.esquire.com/article/1973/10/1/the-snows-of-kilimanjaro
(leggibile anche in italiano)
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