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venerdì 9 maggio 2008

I dieci vizi che distruggono la sinistra

Non si perde per otto o nove punti di distacco, significa che non si esiste, si sa: la sinistra non è uscita battuta dal voto, è uscita disintegrata. Non senza motivo. Si sa che il partito Democratico unico soggetto della sinistra ha rotto ogni assetto elettorale e politico, di futuro. Ma non si sa, non si dice, che la sinistra non aveva e non ha alcuna soluzione ai problemi del momento (reddito insufficiente, carovita, sicurezza, ambiente), mentre la destra ce l'ha. Per una serie di vizi vecchi e nuovi, che la sinistra non sembra voler rimuovere. E' bene considerarli.
Trionfalismo
C’è trionfalismo anche nella sconfitta per nove punti. Si discute – si” per modo di dire, ne discute solo “Il Riformista” - di assetti di partito e di correnti, per concludere che meglio di Veltroni non c’è nessuno, e di nient’altro. E di raddoppiare le medagliette di partito con i ministeri ombra. Mentre i Grandi Giornali Sostenitori già danno la colpa a Berlusconi, del malgoverno oltre che di tutti i suoi peccati (la lettura di oggi è un delirio).
Superficialità
Poteva andare peggio, poteva andare meglio. Se Bertinotti, se Veltroni, se i vescovi… Il solito cicaleccio, senza mai andare a fondo – al fondo.
La sinistra ha ancora la tassa sui conti correnti dell’infausto 1992, opera di una speculazione che la sinistra onora. Non è niente, uno-due euro al mese, un’elemosina al lavavetri, ma è un reminder costante della vergogna della sinistra. E la casa aperta alla voracità dei locali amministratori nel quadro del federalismo fiscale, gli eletti del popolo, i sindaci e i governatori, gli addicts dell’immagine. Esentandone le banche.
Ha il fisco perverso di Visco, che tassa i singoli, su ogni loro gesto, di cinque, dieci, cento euro, una tantum o al mese, e non tassa le banche, le speculazioni, gli immobiliaristi, e anzi facilita e elogia gli arricchimenti facili, di Soru, Colaninno e le altre razze.
E ha fatto campagna elettorale con milioni di cartelle pazze che giravano per Roma, nel linguaggio minaccioso degli esattori, e l’obbligo per mezza città, sempre del buon sindaco Veltroni, ma anche degli altri buoni sindaci di Toscana e d’Emilia, di rifarsi il catasto, pagando studi accreditati, con valore retroattivo di cinque anni per l’Ici, l’Irpef e ogni altra tassa! Con candidati imprenditori non imprenditori e il patrocinio degli speculatori. Con belle ragazze che, nel caso di quella di Roma, la Madia, sono già a 27 anni esemplari di sottogoverno. A differenza della Nierenstein, della Roccella, della Ermini, di Barbara Contini, gente che ha lavorato e non occupato posti. Con una campagna da piccolo partito d’opinione, sollecito della buona contabilità. Per cui si tassano i pensionati, il 40 per cento del reddito fisso, e non si consente ai lavoratori, il 60 per cento del reddito fisso, di arrivare comodi a fine mese.
Ideologismo
Al centralismo democratico a ai sistemi (ideologie) è subentrato il sistema del non sistema, non di parte, non pregiudizievole. Questo è il perno del pensiero veltroniano, e non si può dargli torto, è quanto di più moderno. Ma è troppo: è vacuo, e centralista. Ed è un’altra parola d’ordine, altrettanto massimalista e unica che quella precedente.
Nel giornalismo, nel settore pubblico (specie nell’insegnamento e nella sanità), e perfino nel settore privato, a lungo la parola d’ordine è stata il bisogno e non il merito. Con effetti devastanti: l’appiattimento delle retribuzioni e della qualità delle prestazioni, e il sindacalismo del non fare, fino all’assenteismo e al boicottaggio. Ora vale il merito, ma sempre senza saggezza. Bisogna incontrare i ras della destra per sentire parlare di salari insufficienti, di redditi insostenibili, di mutui da cofinanziare. Non si può andare per parole d’ordine, ma questo è sempre vero, e da avverare.
Centralismo
Per “partito del Capo” s’intende spregiativamente quello di Berlusconi. Mentre Berlusconi ha una struttura articolata e democratica. Politica: con la Lega, An e la Lega del Sud o Mpa. Territoriale: fa emergere esigenze e personaggi locali. Generazionale: basta confrontare le sue giovani ministre, ottime conoscitrici delle procedure, dei tempi, degli equilibri parlamentari con le capoliste inventate dal Pd, pallide figlie di famiglia, nient’affatto convinte del ruolo, e del tutto inesperte, anche di saggezza umana.
È il Pd che ha calato strutture di partito e candidature secondo gli equilibri del Capo o nazionali. L’esperienza diretta in Calabria, in Sicilia, e tra Versilia e Apuane ne ha mostrata chiara la natura e l’inavvertenza, già subito dopo le primarie del Capo. A Viareggio le liti suscitate da Roma hanno dato il comune alla destra, a Massa un candidato del Pd ribelle è andato al ballottaggio, e l’ha vinto contro il sindaco uscente candidato ufficiale del Partito.
Paternalismo
C’è un’ondata di revanscismo a favore dei cattolici nel Partito. Berlusconi, si dice, li ha maltrattati, ha fatto un governo di massoni e mangiapreti. Ha una politica antifamiliare. Ha un’antropologia distruttiva (antropofaga? eugenetista?). I leghisti Padre Pio dicono santo terrone....
Ma i cattolici non sono scemi. Basterebbe la sola riforma liberale dell’insegnamento che si prepara a soddisfarli per tutta la legislatura. Per non dire delle femministe di obbedienza cattolica che Berlusconi s’è portato in Parlamento. E comunque il cardinale Bagnasco si premunisce, invitando alla vigilanza e alla contro-informazione. I preti da tempo non fanno più affidamento sui vecchi Dc per tutelare i loro interessi. Perché di questo si tratta: i cattolici di cui il Pd si preoccupa sono i vecchi Dc. Che non stanno più a cuore a nessuno. Anche come signori delle tessere, i voti hanno residuali.
Narcisismo
C’è insofferenza a sinistra per i media (D’Alema, Prodi), e c’è connivenza. Da fuori l’abbraccio dei media è talmente palese da sembrare irreale. Può darsi che l’abbraccio dei signori del denaro al Pd sia disinteressato e convinto, che essi schierino i loro giornali per l’ideale. Ma il sostegno dell’opinione cosiddetta qualificata, dei grandi giornali, dei notiziari Rai, e dell’intrattenimento Rai che sempre più fa perno sulla informazione, è parte del problema. Per il compiacimento, che è un male e un rischio, l’autocelebrazione.
Sui primi sei mesi del Pd il trionfalismo è stato devastante, quando chiunque ne vivesse la realtà territoriale e sociale sapeva benissimo che il messaggio era diverso. Sui patrocini disinteressati bisogna comunque intendersi. I padroni dei giornali sono comunque affaristi. All’estremo opposto può persino darsi che i Grandi Giornali Fiancheggiatori facciano una politica di ricatto su Berlusconi per motivi che alla sinistra non interessano. Certo, non fanno un servizio al Pd, a parte l’adulazione. Quanto al "raiume", quando se ne farà la storia, della propaganda battente, ripetitiva, ossessionante dell'emittente pubblica, non se ne potrà non rilevarne il danno continuo: l'elettore di sinistra è costituzionalmente critico.
Virtuismo
Piace ai democratici ritenersi superiori, anzi i belli-e-buoni della società. Perpetuando l’equivoco della società civile inventata negli anni 1970 da Scalfari col partito Visentini, per delegittimare la politica a favore degli esperti. Ma pochi lo sono, esperti e civili, con idee comunque non buone – non c’è superiorità in politica. Spesso sono anzi i peggiori, chiunque frequenti i comizi di Grillo e Di Pietro ne torna costernato, quelli della Lega sono un areopago al confronto. O chi abbia anche fugace un contatto coi templi della lottizzazione, quale la Rai. Dove di trova normale e anzi giusto che il servizio politico del tg sia di diciassette veltroniani e otto casiniani.
L’antipolitica è una politica politicante, una politichicchia, dei furbi. E la politica delle buone intenzioni purtroppo è sterile. Se non sa cosa succede in Italia e nel mondo. Sono sterili le vestali dei girotondi. Quelle delle notti bianche. E quelle che non sanno cos’è il governo ombra ma gli piace lo stesso. Hanno sempre votato e comunque sempre voteranno democratico, ma non fanno opinione.
Aggressività
Chi è di sinistra è sempre, malgrado il buonismo di Veltroni, all’attacco. I giudici, i giornali,la società civile. In nome di che? Per fare la rivoluzione (cambiare l’Italia, prendere il potere, abbattere i corrotti e i prepotenti)? La prepotenza non paga in politica, non c’è bisogno di aver studi classici per saperlo.
Il caso del fisco online è esemplare di questa aggressività mal posta. La pubblicità dei dati del fisco non fa male a nessuno, e comunque è lecita, e anche doverosa. Reviglio li pubblicò venticinque anni fa per tre anni di seguito, anche se in forma cartacea. Ma Visco, e per lui Romano, li hanno buttati in rete all’ultimo giorno del governo, senza preavviso, a dispetto, brandendoli come un’arma.
Noismo
Il paese governato dai magistrati di prima pagina, dalle intercettazioni pubbliche e dagli avvisi di garanzia è immobilizzato. Senza che un passo avanti sia stato fatto nella legalità: le mafie, il malaffare e la corruzione imperversano anzi, secondo tutti gli indicatori, più di prima. Quando l’Italia era la sesta, o quinta, potenza economica mondiale. Ora l'Italia arranca, il peggio messo di tutti i paesi industriali, che sono una trentina. L'ultima Trimestrale di Padoa Schioppa non può fare a meno di registrarlo: "I salari reali sono fermi da alcuni anni a causa dello stallo della produttività". Cioè dell'innovazione, che vuole dire investimenti, e nel lungo periodo della formazione professionale e dell'istruzione. "I livelli dei salari reali sono inferiori a quelli degli altri paesi industrializzati", non può fare a meno di notare il ministro uscente dell'Economia: nel 2007 il salario netto risulta "inferiore del 15,9 per cento rispetto alla media" dei paesi industriali, del 34 per cento rispetto alla Germania. Ciò a causa del crollo della produttività, da una crescita media del 2,4 per cento negli ani 1885-1990 all'1,1 degli anni 1995-2000, a zero nel periodo 2001-2006. Nessuno più investe, non in Italia.
In vent’anni l’Italia è diventata il fanalino di coda dell’Europa. Per la cultura del no, della sinistra di sistema, dei magistrati, delle anime candide. Tutti hanno pro capite più autostrade, più ferrovie, più potenza elettrica in Europa dell’Italia. La Spagna, che trent’anni fa partiva da zero, alla morte di Franco, e ha una popolazione inferiore, ha più autostrade dell’Italia, più ferrovie moderne, e più metropolitane – tutte quelle italiane sono due terzi della sola Madrid, 230 km. contro 310 - e ha quest'anno un reddito pro capite superiore a quello italiano. La durata degli appalti è in Italia due volte e mezza la media europea, per i grandi e i piccoli lavori. Si fa scempio liberamente della grandi città, costruendo massicciamente e senza criterio, delle città medie e piccole, e dei patrimoni dell’umanità.
Conformismo
La buona coscienza copre, con la corruzione, l’inettitudine. L’appartenenza basta e avanza, per una militanza che per il resto è ignavia e conformismo. Si ride a imitazioni di Berlusconi che farebbero solo piangere. Si combattono battaglie contro remote condanne a morte, e per l’espulsione in massa dei “rumeni”. Si pratica ferocissima la difesa dei diritti, compresa la lottizzazione esclusiva. Sdraiati sulla soglia di Bruxelles, senza nemmeno il coraggio di dirsi socialisti. In un’Europa senza identità, suicida nelle politiche agricole, all’estero succube degli Usa, monopolista e discriminatrice nelle politiche industriali, maltusiana nella politica monetaria, cieca all’immigrazione. L’europeismo, quando è vuoto, è come sgravarsi al casino.

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