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venerdì 10 luglio 2009

Guerre stellari in Afghanistan

Se c'è una terra straniera conosciuta questa è l'Afghanistan, per via di "Kim" e gli altri racconti della frontierea di Kipling. Dove però si combatte, l'Italia da tempo combatte, una guerra che più remota non si potrebbe. Per effetto della remoteness della politica americana, che dal Golfo, ma già da prima, dalle guerre stellari di Reagan, ha portato la guerra negli omonim film alla Lucas, tirandola fuori dal diritto internazionale e dalle umane sofferenze. Vi si muore, e anche in grandi numeri, ma si intendono le guerre come delle lezioni, da dare a questo e a quello, sulla base di un titolo non dichiarato ma ovvio. Già nel 1969 Ballard immaginava in un racconto il suo paese desertizzato in una vaga resistenza contro gli Stati Uniti, che lo occupavano senza una ragione detta, e il suo paese era la Gran Bretagna. Era una trasposizione della "inutile" guerra al Vietnam, che Ballard come tanti avversava, ma l'ordinarietà dell'evento ora non è più una sorpresa.
Apparentemente, è questo un esito della politica dei diritti umani, che ha soppiantato il diritto di non intervento. In realtà, non c'è una guerra umanitaria, c'è un non dichiarato diritto d'intervento, per ogni fine, anche non "buono", e a nessun effetto, se non, il più spesso, peggiorativo, per gli stessi diritti umani. Solo si può dire quello che avviene, che gli americani sono da circa venti anni sempre in una qualche guerra, talvolta in due e tre insieme, remoti gestori di un impero che non considerano e non conoscono. Obama, il Grande Capo più umano di questo Impero, ha perfino la sagoma del perfetto androide, che parla come l'aquila dello stemma, guardando da destra e da sinistra (in realtà legge i messaggi prefabbricati dalla Forza Oscura....), figlio di un africano uscito dal bush e ivi scomparso, di una madre fattrice bianca di cui altro nin sa, educato nelle remote Hawai da vecchi saggi, in figura di nonni...
L'asse con la Cina
C'è una aloofness della politica americana, un unilateralismo non dichiarato ma indiscusso, piano, nei fatti. Se non dalle guerre stellari di Reagan, da Tienamen e dalla caduta del Muro, dal fatidco 1989 che ha segnato il crollo dell'impero del Male. La mancata punizione della Cina per Tienanmen - niente embarghi, e anzi una simbiosi economica pervasiva, dalla spesa minuta del povero alle riserve in dollari - è il pegno dell'asservimento di Pechino (che comunque resta un concorente formidabilmente debole, con tutta la sua miliardaria popolazione e i suoi tassi di crescita paperoniani: l'impero celeste si disgrega sempre - o anche si può fermare, dotandolo di automobili: il consumismo dev'essere contingentato in Cina). E questo è tutto "l'asse con la Cina" privilegiato. Di tutte le possibili reazioni al terrorismo di Al Qaeda, per converso, la guerra è stata la sola scelta. Con l'Europa non c'è stata la reazione raccontata da Ballard, l'Europa non esiste. E tuttavia con la Russia qualcosa del genere l'America ha tentato e tenta, con la sola dissuazione, prontamente messa sul tavolo da Putin, della guerra nucleare.

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