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mercoledì 21 ottobre 2009

Una buona autonomia sarebbe da Napoli

Uno ascolta in tv il senatore Mancino impegnare il Csm a difesa dei calzini del giudice Mesiano. L’autorità del Csm. D’urgenza. E a tale proposito anzi scrivere e dare assicurazioni al presidente Napolitano. E non c’è dubbio, si complimenterà per l’autonomia e la prontezza di riflessi del senatore, di Napolitano e dei giudici. Ma a Napoli, forse. Altrove, ma forse anche a Napoli, a chi possono interessare questi calzini? E se sì, i pesanti accenti dei vertici dell’autonomia dei giudici non susciteranno diffidenza e anche repulsione? Certo controllata: la napoletanità della giustizia è stata denunciata, ma la giustizia non se ne dà per inteso.
O il senatore Mancino vuole semplicemente impallinare l’appello di Berlusconi, e la sospensiva della esecutività? Non vorrà per caso costringerlo a dare 750 milioni, di euro, a Carlo De Benedetti, che non se li aspettava e non sa che farsene? Il problema è che uno con Napoli non può escluderlo: Napoli – a Napoli o a Milano – è capace di tutto.
La città che si è assunta tutta la giustizia d’Italia, costituzionale, civile, penale e sportiva, è come si sa una dove non c’è nessuna forma di giustizia. Non si riescono neppure a tenere le primarie del partito Democratico. E la Procura si affretta a rinviare sine die il famoso processo contro la Juventus, come perfino questo sito sapeva dodici giorni fa (http://www.antiit.com/2009/10/moggi-verso-la-prescrizione.html), ricusando la giudice, in attesa della prescrizione: doveva deporre il maresciallo che ha intercettato Moggi (un solo maresciallo per centinaia di telefonate al giorno?), e questo non è possibile. Il solo colpevole a Napoli, come si sa, è Mastella, che figura napoletano ma non lo è.
Certo, Mancino è un problema a sé: parlava con Ciancimino e non sapeva che i mafiosi sono prima di tutto malfidati – traditori, ricattatori, calunniatori. Ma la storia è sempre quella, dei nove giudici su quindici della Corte costituzionale napoletani, più il capo dello Stato, Napolitano, e del Consiglio superiore della magistratura, Mancino. Più il loro commentatore principe, D'Avanzo. Della giustizia dunque napoletana, leguleica, furbesca, strafottente, che soggioga l'Italia con i boss di Milano, i banchieri e i loro giornali.

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