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mercoledì 3 aprile 2013

La sindrome recessione

Un portiere d’albergo a cinque stelle a Ischia, tanto efficiente da meritarsi la fedeltà all’albergo e l’amicizia personale della Cancelliera tedesca Angela Merkel, è stato licenziato. Tanti articoli strappalacrime sulla visita che la cancelliere gli fa a casa. Senza spiegare perché un grande albergo si priva di un portiere così bravo. Né quanti clienti hanno passato Pasqua a Ischia con Angela Merkel.
La storia strappalacrime era assortita da foto in costume della cancelliere che entra giovanile nella piscina termale, senza cellulite – storia e foto, cioè, sono stati forniti graziosamente dal servizio stampa della Repubblica di Germania, ma questa è un ‘altra storia. La recessione è la grande rimossa.
È la recessione più grave della storia d’Italia. E una che ha interrotto la corsa dell’Italia unita, un secolo e mezzo di storia, per portarsi alla pari con i paesi più ricchi, come dimostra lo studio della Banca d’Italia qui recensito. Ma per i giornali non esiste. Per i grandi giornali, è opportuno precisare: il “Corriere della sera”, “la Repubblica”, “La Stampa”, Il Messaggero”. Che si vogliono tutti, bizzarramente, di sinistra. Anche “Il Sole 24 Ore” ha difficoltà parlarne, e solo di recente, dopo che il presidente della Confindustria infine si è deciso a parlarne.
I segni evidenti, che tutti vedono, della recessione non mancano. Ci sono i licenziamenti, almeno un milione in un anno e mezzo – un milione e mezzo con gli “esodati” (licenziati anch’essi a tutti gli effetti: sono una categoria speciale solo per le alchimie Ue, un qualche trucco che consentirà di pagare loro una pensione prima dell’età legale). Con un ricorso eccezionale alla cassa integrazione, l’anticamera di altri licenziamenti. Un negozio su quattro chiude, e gli altri quattro sono vuoti. Ci sono italiani ora alla mense dei poveri, decine di migliaia, forse un centinaio di migliaia. Ci sono suicidi per debiti, un centinaio nel 2012. Non c’è lavoro per due giovani su cinque, e si riapre l’emigrazione qualificata, con perdita cioè di capitale umani. Per due famiglie su cinque le tasse si mangano il capitale – bisogna svendere il patrimonio per pagare le tasse. Si moltiplicano i piccoli furti, eccetera, di giovanissimi e inesperti, non del mestiere.
Un giornalismo anche solo popolare, scandalistico, ci troverebbe ampia materia. Invece non se ne parla. Perché il partito Democratico non ne parla? È una ragione, molti giornalisti sono burocrati Pd. Ma non basta. La recessione è stata provocata da Monti, per insipienza o per qualche recondita ragione. Si poteva quindi pensare il silenzio dettato dalla riverenza a questo esemplare dell’“Italia migliore” - milanese, bocconiana, eccetera. Ma Monti è in bassa fortuna – dopo averci liberati, bisogna dire meritoriamente, dei Fini, Casini e Montezemoli. È il partito della Germania? In parte sì, alcuni giornalisti di chiara fama sono al soldo di interessi tedeschi. Ma non, naturalmente, i de Bortoli, gli Ezio Mauro, i Calabresi che dirigono i grandi giornali. E allora?
È l’irrilevanza dei giornali. Il primo e più grande segno dell’irrilevanza della politica, prima e più dei Berlusconi e Bersani, in quanto opinione pubblica, che della politica è il cuore e il cervello. Un sorta di dimissione, di volontaria dismissione. Anche se, poi, la botte dà il vino che ha. Una sindrome, in cui il soggetto è vittima e carnefice: la sindrome recessione dell’opinione pubblica.

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