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martedì 22 novembre 2016

Rousseau si specchia in Tasso

“Agli occhi dei lettori, e soprattutto dei medici, dell’inizio dell’Ottocento Rousseau e Tasso divennero le tipiche figure della malinconia”, della depressione. Rousseau non per altro, perché si identifica in Tasso. Vi si immedesima e ne fa uso costante. In tutte le sue narrazioni e confessioni – apologie di sé. Identificandosi con Tancredi infelice.
Cultore di Rousseau, Starobinski ne è anche il censore. L’identificazione con Tancredi vuole un accorgimento per, tipicamente, deresponsabilizzarsi. In più punti Rousseau dice la sua propria storia già scritta, dall’incolpevole Tasso: “Ha predetto le mie disgrazie”, come se gliele avesse imposte… Ma il suo è un atto d’amore per Rousseau, l’ennesimo, e per il Tasso negletto. Di cui Starobisnki rintraccia i tanti cultori in Francia, da Lully a Voltaire e Delacroix, per dire i nomi maggiori – nonché di Goethe, et al.
Molte le tracce che Starobinski snida e propone. Dirette (citazioni, evocazioni, rimandi) e indirette: l’amore e la fede oltre la morte, i segni di amore disperato incisi sul legno o nella pietra, la conversione alla musica italiana, e quindi a una prosodia e una prosa musicali e non nervose – “sostenere in misura suoni uguali e giusti”, dice Julie infine contenta dopo la scoperta, invece degli “scoppi di voce ai quali ero abituata” – e al “recitar cantando” che il tardo Cinquecento aveva elaborato. In un più generale innamoramento della poesia, sintetizza Starobinski, della “inimitabile musicalità dell’italiano” - mentre la prosodia francese risentiva “saltellante”, si direbbe a passo di marcia, oberata da senari e alessandrini.
Rousseau si può dire abbia convissuto con la “Gerusalemme liberata”, tanti sono i riferimenti nelle sue opere, che Starobiskki ritraccia. Specie in quelle musicali, a partire dalle “Muse galanti”, poi ne “L’indovino del villaggio” e altrove, seppure contraffatti per i più diversi motivi. Il Tasso è una delle tre “passioni” di Rousseau, con la musica e la botanica, in grado di rasserenarne gli umori.
Qui – una Lezione Sapegno 1993, pubblicata nel 1994 col titolo “L’imitation du Tasse” – Starobinski pubblica il brogliaccio della traduzione  che Rousseau avviò della “Gerusalemme liberata”, fermandosi al primo canto. Rimasto inedito. Negli ultimi anni, a corto di immaginazione, o solo stanco, a corto di voglia, “Rousseau custodisce ancora, nel libriccino italiano che ha fatto rilegare in pergamena e che ha gelosamente conservato, la risorsa di un rifugio inespugnabile, la chiave di un sogno popolato di angeli, maghi, conquistatori e amanti”.
L’ultimo studio italiano è di Luigi Foscolo Benedetto, 1912.
Jean Starobinski, Rousseau e Tasso

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