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domenica 17 settembre 2017

Letture - 316

letterautore

Čechov -  Si scopre umorista, con la pubblicazione dei suoi primi testi, da umorista-vignettista, sui giornali satirici moscoviti nei primi anni 1880. Ma leggendolo non se ne dubitava. Solo le messinscene erano inevitabilmente pesanti, drammatizzate. Di una Russia vista probabilmente con gli occhi sovietici, o post. Ora Camilleri lo conferma, prefazionando la raccolta di “Umoresche”, quei primi scritti, operata da Carla Muschio: Piotr Sharof, uno degli aiuti i Stanislavskij, poi vissuto in Italia, se ne faceva una fissa: “Più volte mi ha raccontato”, dice Camilleri, che Čechov era spesso scontento delle messinscene di Stanislavskij, perché, diceva. “sono commedie” e non drammi.

Celebrità – È come la santità, non viene, bisogna volerla – prepararla, corteggiarla, anche imporla. Ionesco lo stabilisce di Hugo: “La caratteristica degli uomini celebri è che hanno voluto essere celebri”. Ma non è merce rara: è pure vero che un quarto d’ora di celebrità non si nega a nessuno.

Edificazione – Come genere letterario viene generalmente tardi, in chiave beghina, di scongiuro. E in Francia curiosamente a opera di donne avventurose, come penitenza: Liane de Pougy, Thérèse Biard (“Léonie d’Aunet”), la stessa madame de Villedieu.

Gadda – Asor Rosa lo vuole ieri tragico su “la Repubblica”, per la riedizione di “La cognizione del dolore”, annegato con tutto il suo senso del comico nella sofferenza. Ma quanto è tragico il suo dolore? Sempre in chiave di tragicommedia, nella guerra alla madre come già nella ben più aspra guerra al fronte, nel diario di trincea. Sempre da letterato: Gadda soprattutto è scrittore letterato, uno che aveva letto tutti i libri. Come l’adorato Manzoni. “La cognizione del dolore” è un racconto satirico, dispiaciuto ma poco, molto arrabbiato.

Genere – In alcuni casi è irriducibile. Non delle cose – il sole, la luna – o dei concetti – Dio, il diavolo – cui si può sempre cambiare genere, in attesa del neutro. Ma dei modi di essere. Il farabutto è solo maschio. Puttana è solo femmina – come altre parole di seduzione. Altre volte è intersex: il fascino, maschile, è di solito femminile. La forza, femminile, è di solito maschile. Il genere corretto dovrà fare a meno di molto vocabolario.

Hemingway – È malinconico e biblico, oppresso dal senso della morte. Da “Il ritorno del soldato”, una delle prime storie, apparentemente adolescenziali e svagate, della raccolta “In Our Time”, variamente tradotta, al “Sole sorge ancora”, che è l’“Ecclesiaste”, 1,5-11: “Il sole sorge ancora, e il sole tramonta”. Si fa con la fama personaggio da jet-set e da gossip, col bicchiere in mano, per questa angoscia? Anche per aver preso sul serio la professione di giornalista, soprattutto di guerra, ed era uno che vedeva e capiva – la vecchia raccolta “By-line” si rilegge come u libro di storia, più puntuale di molte ricerche successive. O per essere da subito un letterato, il monumento di se stesso. Che quindi presto viene da annoiarsi, e si esercita in surrogati: caccia grossa, pesca d’altura, la stessa, falsificata (urbana, pettegola), guerra di Spagna, dove invece si beveva anche, ma soprattutto si assassinava, anche i compagni.
La “caduta” viene con la guerra a diciott’anni, col Carso e Caporetto. Prima la vita era quella innocente di Nick Adams. Il tema implicito in “Il ritorno del soldato” dilaga da “Addio alle armi”, 1929, in poi, il romanzo italiano incluso – che è il romanzo meglio riuscito di Hemingway, e un capolavoro in ogni aspetto, un puzzle perfetto, ogni tessera va al suo posto, tra la morte onnipresente, e più crudele quando è legale, con le esecuzioni senza giudizio degli sbandati, mentre si nasconde il bene, l’amicizia non si dice, l’amore si misura quando svanisce (è il mio “Romeo e Gulietta”, diceva Hemingway, ma è anche “Guerra e pace”).

Anche in “Per chi suona la campagna” ha l’aspirazione alla vita oltre la morte, contro la morte. Col  compagno di bevute che dice “l’Ave Maria” sotto le bombe, dopo aver recitato uno slogan della Pasionaria.
 
Mr. Norris – Colin Wilson, introduzione 1986 a “The Outsider”, ha “l’originale di Christopher Isherwood, «Mr. Norris se ne va»”, l’ambiguo imbroglione britannico che vive di espedienti e piccole truffe nella Berlino di Hitler, più farlocco che cinico. Si chiama Alexander Hamilton, ed è “un malvagio vecchio queer”, che Wilson ha invitato a cena la sera, ai primi del 1957, in cui i familiari della girl friend di Wilson, Joy, erano venuti dalla campagna a Londra per riportarsela a casa. Wilson era all’apice della gloria letteraria, sei mesi dopo la pubblicazione con molto fragore di “The Outsider”, e Hamilton procurò di guastargliela: “Mentre la famiglia di Joy tentata di trascinarla giù dalle scale, Gerald corse al più vicino telefono e chiamò ogni giornalista di pettegolezzi che conosceva (e le sue conoscenze nel campo erano vaste)”. La crisi familiare di Wilson si risolse nel nulla, lui e la polizia convinsero la famiglia di Joy a lasciarla in pace. Ma dieci minuti dopo che se ne erano andati la casa era attorniata d  reporter e fotografi. Ci montarono sopra uno scandalo che troncò la popolarità e l’onorabilità di Wilson, e lo costrinse a lasciare Londra – per un remoto villaggio della Cornovaglia che non lascerà più.

Norvegia - Il viaggiatore Alvaro si chiede nel racconto “Riposo nel bosco” di prima della guerra come siano potuti nascere “tanti drammi di teatro nel paese senza storia”, e perché vi “sono apparsi i libri più terribili contro le donne”. Savinio gli ha risposto nel 1943, il paese era occupato e alleato, che dominanti vi erano “le primitive e fierissime relazioni tra uomini e donne” di Vico, “la caccia che l’uomo dava alle donne brade nelle foreste”. Con un pizzico d’incesto, sotto forma di sororismo: quello di Leopardi e Beyle per la sorella Paolina, o di Nietzsche per Lisbeth, sarebbe tanto più forte in Ibsen con la sorella Edvige - almeno fino a quando non riuscì a sposare Susanna e a farle un figlio.

Scalfari – Va da ultimo a parlare col papa, la mattina presto. Forse non per ridere. E nemmeno per fare una ficata: Voltaire avrebbe fatto diversamente, se chiamato dal papa a Roma, al suo desco parco?

letterautore@antiit.eu 

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