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mercoledì 14 agosto 2019

Letture - 393

letterautore


Adorno – Si sottolinea per i cinquant’anni della morte che il vero nome di Adorno è Theodor Ludwig Wiesengrund, e che lui aggiunse il nome della madre, Maria Calvelli-Adorno della Piana, cantante lirica, musicista e musicologa di origine corsa, per lo stesso amore della musica della madre, fino a farsene un identificativo. Un tipo si direbbe materno. Nonché ricercatore critico della “Personalità autoritaria”. Che finisce dileggiato dalle contestatrici del 1968, con i seni esposti per ludibrio, quale ipostasi o sagoma del potere maschile. Non c’è femminismo per gli uomini, anche i più mammeschi.

Dante – Lo voleva islamizzato anche Eco – nella famosa “bustina di Minerva” “Dante e l’islam”. Non da dantista. Né da medievista, disciplina che lo vedeva ferratissimo, Ma così, per quieto vivere.
Alla sua maniera, della conoscenza attraverso il paradosso, Eco aveva organizzato nel 1989 a Bologna – lo ricorda anche ne “I limiti dell’interpretazione” - una serie di seminari sugli interpreti “deliranti” di Dante. Escludendone, ricorda nella “bustina”, Asìn Palacios, quello del Dante islamico, perché “forse era stato talvolta eccessivo ma non delirante”. Deliranti erano Gabriele Rossetti, Edmond Aroux, Luigi Valli, Guénon, “persino il buon Pascoli,” – e naturalmente i tanti scopritori del Dante eretico, fedele d’amore, rosacroce, etc..
“Ormai è assodato che Dante abbia subito l’influenza di molte fonti musulmane”, questo l’argomento ultimo di Eco. Al modo come lui ha subito l’influenza dell’esoterismo ottocentesco? Quando si parla di islam, si perde la bussola: c’è un perché?

Conan Doyle – Finì a Napoli in una fogna? Sicuramente fu a Napoli nel 1907, in viaggio di nozze con la seconda moglie Jean Leckie. Fu ospite del cognato Nelson Foley, suo maggiore di qualche anno, che aveva sposato una delle sue sette sorelle, Jane (“Ida” o Adelaide). Nella villa che la coppia aveva preso a Posillipo, alla Gaiola.  
Foley era un cugino dei Doyle, il cui nonno materno, William Foley, era morto giovane, a 32 anni, ma lasciando tre figli, tra essi Thomas Scott Foley, padre di Nelson, e Mary Josephine Foley, madre di Conan. Ingegnere, era a Napoli per conto di un gruppo inglese della cantieristica, Hawthorn-Guppy, sovraintendente del locale  stabilimento del gruppo. Di cui di fatto trattava la cessione, che poi sarà perfezionata, alla milanese Officine Meccaniche.
L’aneddotica vuole che il creatore di Sherlock Holmes sia rimasto impigliato in un cunicolo della vicina grotta di Seiano, creando qualche scompiglio – o, in alternativa, in una fogna romana che provava a ispezionare.
Il complesso della Gaiola comprendeva due ville, di cui una sul promontorio. Che Foley aveva ceduto a Norman Douglas, allora poco o niente noto. Sarebbe stato Norman Douglas a “salvare Conan Doyle”, allarmato dalla sua prolungata assenza, tirandolo per i piedi. Un aneddoto molto normandouglasiano, cioè sostanzialmente vero.

Fantasy – Non andava, era difficile pubblicarla, perché era “di destra”, spiega Ginevra Bompiani a Roberta Scorranese sul “Corriere della sera”: “Quando io e Giorgio Agamben creammo la collana «Il Pesanervi», dovetti diventare autonoma” dalla casa editrice di famiglia, la Bompiani, “e pensare a ogni dettaglio, perché non poteva gravare sula casa editrice, volontà di mio padre”, Valentino Bompiani: “Era la prima collana di letteratura fantastica in Italia, in un periodo, gli anni Sessanta, in cui questo genere era considerato di destra”.

Italia – Nazione frivola la dice Cioran di passata, dando l’appellativo per scontato. Non un appellativo tradizionale, c’è stata stima per l’Italia fino alla sconfitta in guerra, e anche dopo. Ma sì probabilmente nei paesi neo-latini, per i quali l’Italia non rappresenta più nulla, in Francia, in Spagna, in Romania. Non per se stessa, o non soprattutto per se stessa, quanto per il fatto che si fugge dal latinismo o mediterraneismo – gli stessi rumeni che vivono e prosperano in Italia, un milione circa, si pensano e si vorrebbero tedeschi.

Leopardi – Un mattone? È “il più grave di tutti i poeti” per Cioran, “Pensieri strangolati” (in “Il cattivo demiurgo”): “Ci si è meravigliati che la Francia, nazione leggera, abbia prodotto un Rancé, fondatore dell’ordine più austero; forse bisognerebbe meravigliarsi di più che l’Italia, nazione altrimenti frivola, abbia dato Leopardi, il più grave di tutti i poeti”.

Lettura – Danneggia la scrittura, secondo Cioran – “Pensieri strangolati”: “Solo lo scrittore senza pubblico può permettersi di essere sincero. Non s’interessa a nessuno, tutt’al più a se stesso”. Ma nessuno scrive senza pubblico. Se non altro, se stesso. Anche come semplice nota della spesa.

Palazzeschi – Veniva ridotto a bonario letterato provinciale, un po’ balzano, nel piano della collezione “Romantica” che Giuseppe Antonio Borgese redasse per Mondadori nel 1930 – cioè nel pieno dell’operatività dello scrittore fiorentino: era previsto come traduttore di Daudet. E lo ha poi tradotto, “Tartarino di Tarascona”, tutt’e tre i libri, oltre seicento pagine.

Romanzo cavalleresco – Ritorna con “The Game of Thrones”, sempre inconcludente come in Chrétien de Troyes, nel secolo XII – le avventure si vogliono seriali, mai concluse.
Calvino, “I cavalieri del Graal” (ora in “Mondo scritto e mondo non scritto”, 178) nota che “la letteratura cavalleresca nasce e muore con due casi di follia sublime, Perceval e don Chisciotte”. Anche in questo “The Game of Thrones” si può dire da manuale.

Scrittura al femminile – C’era una volta la scrittura al femminile, che s’immaginerebbe estinta daq quando il femminismo ha riscattato la condizione femminile. Lo sfoglio casuale del settimanale “7” del “Corriere della sera”, diretto da una giornalista pure esperta del mondo, Barbara Stefanelli, si viene rinviati alla scrittura al femminile. Totalmente ininteressnate, come personaggi e come tematiche – pure D’Orrico, unico uomo perso nella giungla femminile, sbaroccia, che McNain dice il Simenon di New York. Come sfogliare un “femminile”, che però, si sa, è un contenitore di pubblicità per moda e cosmesi. Ma un po’ come tutto quanto è stato ordinato al femminile: la metà delle professioni e delle carriere, la metà della politica, della scienza, dell’umanistica, filosofia compresa – le filosofe sono ferme a Martha Nussbaum, che è una reincarnazione di Hannah Arendet e Simone Weil, anteguerra, epoca maschilista. Il femminismo fa male alle donne?

Tribù – L’“Iliade” è tribale - una “enciclopedia tribale” - nella lettura che Eric Havelock ha proposto in “Cultura orale e civiltà della scrittura”. Ed è, a ben pensarci, la chiave di lettura più appropriata, che di tutto dà conto, senza più aporie o inconseguenze.
L’opera di Havelock è contestata per altri aspetti ma non per questo: Omero, benché trascrizione tarda di un’epica remota, mantiene i segni distintivi di una società poco o non alfabetizzata. E tutto vi è a dimensione o in chiave di tribù: lo steso epos, variabile, le leggi, i riti religiosi, i linguaggi, e si potrebbe dire le psicologie – i due mondi, anche quello troiano, erano compositi.

letterautore@antiit.eu

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