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domenica 22 dicembre 2019

Secondi pensieri - 404

zeulig
Diavolo – È di tradizione universale ma oscura. Tradizione religiosa, seppure legata alle origini, ai miti delle origini. In questo caso del bene e del male.
Una favola costante. Generalizzata. Ma bizzarra. Che si spiega in un modo che depone a sfavore delle religioni, del bisogno religioso come fattore di conoscenza. La più antica delle cui tradizioni e la più diffusa è questa, una favola piuttosto oscura, nonché inverosimile: che il diavolo è un angelo decaduto. Per una ribellione non concepibile metafisicamente – una contraddizione: nel regno di Dio, a opera di un angelo del suo regno del bene, cui molti si affiliarono. Per nessun motivo se non l’invidia. Ma fa l’invidia parte di Dio?
Si soprassiede all’incongruenza accostando subdolamente il regno dei cieli all’umanità, esposto quindi come questa alla fragilità dell’essere. Ma allora è un piccolo panteismo che si formula, se Dio è fragile come l’uomo, incostante, incerto.

Distribuzione – È il segno e in parte l’agente della polarizzazione recente dell’opinione pubblica, come disarticolata e instabile – vagante: assertiva ma incostante e incoerente. La grande distribuzione come opposta al commercio minuto. E all’artigianato di quartiere: i falegnami, i tappezzieri, gli elettricisti, gli idraulici. Un reticolo di radicamento.
Le società si erano innervate finora, anche in ambito urbano, di una rete fitta di minuta distribuzione: negozianti, fornitori, finanziatori. E riparatori, quando il bene meritava na riparazione e non la sostituzione. Uno strato sociale in contatto costante con la società nel suo insieme, se non nella sua totalità. Di scambio, di merci e di parole – di fiducia, di idee. Una rete di intermediazione, e comunque di conoscenza: una figura non rappresentativa ma intermediaria, che sola e meglio legge e interpreta il sentito popolare, diffuso, prevalente. Avendo contatto quotidiano, minuzioso e particolareggiato (diffuso), con i bisogni e anche soltanto con le vaghezze di tutti, con lo strato sociale di gran lunga più numeroso nella composizione della società. In un dialogo non appariscente né, solitamente, connotativo, ma assorbente, ruminante. Più spesso indebolendo le spinte giacobine o estreme, quasi scatti d’ira, ma anche cavalcandole – i bazarì urbani nella rivolta contro lo scià in Iran nel 1978. Comunque mediando le pulsioni, discutendo, ancorando.

Il vuoto politico si è prodotto con l’accelerata scomparsa di questa intermediazione per la diffusione, favorita dalla politica, spesso per ragioni corruttive, della grande distribuzione, e ora del commercio online? Facile. Anche perché si vuole supplita dai social, e cioè dal fai da te. Dove non c’è più dibattito, ma assunzione di posizioni. Vero: il dibattito c’è, ma non è più mediato – assorbito, digerito. Si avvoltola su se stesso, a spirale inconseguente, senza sintesi o intermediazione, sempre più quindi precario e incostante. Una polarizzazione distributiva (delle risorse e dei consumi, del piccolo credito, dei bisogni) che concorre anch’essa al ribaltamento totale. Delle forme conoscitive e decisionali, nel segno dell’incostanza e dell’inconsistenza. La piccola diffusa distribuzione, delle merci e dei servizi, come un grande stomaco, lo stomaco della nazione.  

Ebreo Eterno – Una condizione esistenziale, spiega De Quincey, “La casistica dei pasti romani”, in nota: “La denominazione tedesca di quello che noi inglesi chiamiamo l’Ebreo Errante. L’immaginazione tedesca è stata molto colpita dalla durata della vita umana, e dalla sua infelice santità dopo la morte; quella inglese dall’inquietudine della vita umana, dalla sua incapacità di riposo”.

Parodia - Kierkegaard: “Il quadrato è la parodia del circolo: la vita e il pensiero sono un circolo, mentre la pietrificazione della vita prende la forma della cristallizzazione. L’angolare è la tendenza a restare statici: a morire”.
La parodia è solo scherzo. Altrimenti è infelice ripetizione.

Proust - Si può pensare tutta la “Ricerca” una colossale forma d’ironia. In assenza, tutto rasenta il ridicolo, per la elongazione, il dettaglismo, l’aggressione costante del lettore: la gelosia in mille pagine (mille! di uno, il narratore, che non è  mai stato innamorato, si sa, si sente), i froci, le lesbiche, le puttanelle, i borghesi pieni di sé, il padre-Cottard, la madre-Verdurin (o madame Straus e le altre madri alternative), gli stessi duchi, a loro volta snob. Ma non senza compassione, che ne è la chiave: l’autoconsolazione.
Ma la satira tiene due ore e mezzo, la lunghezza di Aristofane - anche Rabelais si legge a pezzi, e perché è Rabelais. L’ironia non regge una narrativa, solo l’aneddotica. A meno che non sia lievitata – alleviata – al modo dell’Ariosto, per una lettura multiforme, più immaginativa che critica, esagerata, e diventa patrimonio popolare. O al modo di Proust – che però non è lieve (la mano – la frase, il ritmo – è sempre pesante).

Sesso – È finita nell’inappetenza la corsa alla liberazione? Per ogni aspetto visibile sì. Non c’è sesso tra gli adolescenti, negli anni in cui usava essere quasi un’ossessione, se non con le pasticche e l’alcol, e più come una sfida, senza piacere – eccitazione, tensione, compiacimento, soddisfazione. Non c’è più la scena di sesso nel film che Hollywood a lungo ha imposto – non tira. Il rapporto omosessuale, dove la componente sessuale è stata a lungo dominante, al limite dell’intercambiabilità, è scaduto a fatto burocratico. La pornografia in rete lo ha come debilitato.
Il sesso non è – era – l’atto ma l’immaginario, la fantasia. Di un rapporto e non di un atto. Che prendeva corpo nel rapporto. Solo si riaccende, si direbbe, nell’amore. Nell’accensione sensoriale primariamente non sessuale, non legata agli organi e agli stimoli strettamente sessuali – il colpo di fulmine, sguardi, voci, attitudini. In un erotismo cioè a spettro ampio, fondato sull’immaginario.

Il fattore immaginario emerge dominante anche nella stessa proliferazione del femminicidio, in quella sua forma che nasce dall’abbandono, dal rifiuto – è parte dell’immaginario maschile. Che non è il possesso vecchio stile, maschilista, patriarcale, ma un senso di incompiutezza o minorità che l’abbandono fa emergere. Si direbbe il femminicida una vittima, nel senso che è un assassino per debolezza, raramente un vendicatore.

Tradimento – È il traditore tradito? È il paradosso di De Quincey, “Giuda Iscariota”. In cui Giuda è tradito da Cristo: collocandosi nelle Scritture, aveva fatto balenare, in Giuda come negli altri discepoli-guaritori, i sogno della restaurazione del trono di Davide. Invece, dopo una vasta e intensa preparazione, al momento di comandare le folle a Gerusalemme che lo attendevano e se ne attendevano la rivolta, si defila  - “Il mio regno non è di questo mondo”, “D ate a Casere…”, eccetera. ..”. Non inverosimile.
Lo stesso il pentito di mafia. Che non è un pentito nel senso della confessione cristiana, di chi chiede perdono per i suoi peccati, poiché non ne ha coscienza  e non può o si guarda dal prenderne. E semmai si pente per uno scopo, la pensione di Stato e la scarcerazione. Ma al fondo perché si sente tradito, dal capo, dai correi.
Nella sconfitta tutti si sentono traditi – non solo i tedeschi col solito colpo alla schiena.

zeulig@antiit.eu

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