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martedì 24 dicembre 2019

Rousseau femminista

Ci sono meno Eroine che Eroi? “Eh, Signori, lasciate che alle donne venga la voglia di trasmettere le loro glorie ai posteri e vedrete a che posto decideranno di mettervi”. Questo delle Eroine è uno dei due progetti che la compilazione presenta, il frammento “Sulle donne”, di donne eccellenti a paragone degli uomini che hanno compiuto le stesse gesta, alla maniera di Plutarco. Con un primo elenco: Mitridate con Zenobia, Romolo con Didone, Catone Uticense con Lucrezia, il conte di Dunois con Giovanna d’Arco, “infine Cornelia, Arria, Artemisia, Fulvia, Elisabetta, la contessa di Tekeli”. Con l’avvertenza: “Se le donne avessero avuto tanta parte quanto noi nel trattare gli affari e nel governo degli Imperi forse avrebbero avuto maggiore eroismo e grandezza nel coraggio e si sarebbero segnalate in maggior numero. Solo poche di quelle che hanno avuto la fortuna di reggere degli Stati e di comandare degli eserciti sono rimaste nella mediocrità”.
Il progetto non è stato realizzato, ma il presupposto è chiaro. E non era l’unico: la compilazione raccoglie un altro “Saggio sui grandi eventi di cui le donne sono state la causa segreta”. Anche’esso rimasto all’indice, ma con intenti celebrativi: “la presa di Troia, l’incendio del palazzo di Persepoli, l’istituzione della Repubblica romana, il salvataggio di Roma grazie alla madre di Coriolano, il cambiamento dell’Inghilterra sotto Enrico VIII, etc.”.
Una compilazione di testi femministi dell’impervio, se non misogino, filosofo dell’uguaglianza. Che fiutava forse un filone editoriale, anticipatore della letteratura di genere - Rousseau coltivava anche questo campo: un ultimo scritto disperso qui raccolto è di “Idee sul metodo di composizione di un libro”. Ma di suo saldamente legato al rifiuto. Il racconto del titolo esordisce con un inequivocabile: “Quando si ha una moglie folle non si può evitare di passare per sciocco”.
“La regina Fantasque” è, misogino (altrimenti tradotto come “La regina lunatica”), un apologo della complessità, e quindi imprevedibilità, della funzione pedagogica, tra ereditarietà, educazione, ambiente e caso. Niente di filosofico, come si suole scrivere presentando il racconto - uno dei tanti scritti minori esumati nel 1961, al secondo volume delle opere complete Gallimard: “una follia”, secondo lo stesso Rousseau, scritta “in un momento di allegria o piuttosto di bizzarria”, nel 1756, pubblicata due anni dopo.
“Pigmalione” è, ancora più breve, più deciso: il narcisismo dell’autore, la sua ambizione a dare vita creando – scrivendo, dipingendo scolpendo, musicando. Questo è invece il testo forse più letto, subito, dai contemporanei. Quello sicuramente più commentato, fino a Starobinski – già Goethe ne faceva grande caso in “Poesia e verità”, che però non apprezzava Pigmalione, la “perfezione artistica”, o dell’ambiguità, ponendo al di sopra del bisogno burattinesco, di tirare le fila.
Jean-Jacques Rousseau, La regina Fantasque – Pigmalione, Ibis, remainders, pp. 91 € 4


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