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mercoledì 12 gennaio 2022

L’Europa e l’Ucraina

L’Ucraina 2022 come Cuba sessant’anni fa. Geograficamente non sembra la stessa cosa, ma lo è, anzi l’Ucraina è più vicina alla Russia di quanto Cuba lo sia agli Stati Uniti. Politicamente invece non è la stessa cosa, non c’è una guerra in atto, per quanto fredda. Oppure sì? E contro chi? Militarmente lo è: i missili Nato non sono diversi da quelli di Krusciov. La grande differenza è che l’Ucraina è in Europa – come la Russia del resto.
Un’altra similitudine s’impone. La Russia oggi come la Serbia nel 1999, solo rovesciata. Allora, si trattò di amputare la Serbia del Kossovo. D’imporre alla Serbia l’indipendenza di una sua piccola parte, il Kossovo, controllata da un mafioso, Hashim Thaçi. Il parallelo si rovescia perché l’Ucraina ha di russi una cospicua parte, un quinto della popolazione, che non chiede l’indipendenza – non l’ha chiesta fino ad ora, anzi fino al 2014, quando fu dichiarato il monolinguismo ucraino. Oltre che per il fatto, che non si può cancellare con una manifestazione “arancione”, che l’Ucraina tutta è un paese che fa parte della Madre Russia, nella tradizione. Shevchenko, sicuro ucraino, è di lingua madre russa - parla anche ucraino, ma male. Erano ucraini ancora ieri molti grandi russi: Gogol, Bulgakov, Babel, Maleviç, Nijinski - e Breznev. È difficile che diventi una base di missili contro la Russia. Anche perché, se abbaia, non morde: un intervento russo in Ucraina c’è già stato, nel carnevale del 2014, con l’annessione della Crimea, tutta russa, e di Sebastopoli, la base navale russa nel mar Nero.
La storia degli slavi è piena di guerre intestine, tribali o di religione. Con il Kossovo, e ora con l’Ucraina, questa tradizione bellicosa è stata assunta in tutta evidenza in un Grande Gioco. Che Gioco? Una guerra tra gli Stati Uniti e la Russia? Naturalmente no. E allora?
Contro l’Europa
L’Europa è assente dalla questione, che si sta giocando ben dentro l’Europa. A sua colpa. Si potrebbe pensare per un sano attendismo: non sapendo bene di che si tratta tra Washington e Mosca, prende tempo. Di fatto, però, l’Europa paga il conto: la guerra non guerreggiata, da otto-nove anni, è tutta a carico dell’Europa. Che ha bisogno di assicurarsi il gas russo a scadenza di decenni, e di molto petrolio, e vorrebbe poter beneficiare del grande mercato russo per i suoi manufatti e servizi, e invece deve imporre sanzioni economiche, sempre più stringenti – ormai siamo al terzo o quarto rinnovo.
Tutto questo è noto, perfino a Bruxelles. Ma non se ne esce. Come mai? L’Europa è da qualche tempo, dall’egemonia merkeliana, fuori da ogni manifestazione d’interesse ai suoi confini. In Ucraina come in Libia. O in Siria. E nella Turchia corridoio e mercato della Grande Immigrazione dall’Asia. Ma con l’Ucraina è disattenta in modo particolare. Dopo aver provato, con la presidenza Hollande in Francia, a diventare protagonista. Nel “formato Normandia”, il gruppo di lavoro a quattro, creato da Hollande con Germania, Ucraina e Russia nel 2014, a margine delle celebrazioni dello sbarco in Normandia, per cercare un accordo per la parte russa dell’Ucraina. Tanta buona volontà che ha dato l’anno dopo gli accordi di Minsk, per uno statuto di autonomia del Donbass russofono. Rimasti però lettera morta. Perché?  
La Russia nella Nato
Come già la guerra alla Serbia nel 1999, la crisi ucraina è palesemente imposta all’Europa. Finita la presidenza Clinton in America, di un presidente azzoppato (lame duck) dal solito scandalo, e quindi alla ricerca di diversivi, con la presidenza Bush jr. si era giunti all’opposto, a prospettare l’ingresso della stessa Russia nella Nato. In un’ottica di difesa comune contro il terrorismo islamico, ma in un quadro ben più vasto e di radicale revisione storica – la Russia è bene parte dell’Europa. Un’intesa si ebbe al vertice Nato di Pratica di Mare a fine maggio 2002, cui Putin fu invitato. Ancora nel 2011 si teneva un’esercitazione militare congiunta Nato-Russia. Ma con la presidenza democratica di Obama il clima era di nuovo allo scontro - tra Nato e Russia i contatti continuano, ma burocratici (una riunione è in corso anche oggi). Con l’Europa già eclissata, come al tempo di Clinton.
Obama, come Clinton del resto, è popolare in Europa. Ma più di Clinton ha lavorato per affossare ogni velleità di Fortress Europa, di un’Europa autonoma: in Libia, in Siria, sul progetto di libero scambio (la Transatlantic Trade and Investment Partnership). Biden è partito offrendo a Putin nel primo incontro a metà giugno un vertice con la Nato in formato Quint (Stati Uniti, Gran Bretagna, Germania, Francia, Italia). Ma il suo partito evidentemente gli ha imposto un ripensamento.

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