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lunedì 19 giugno 2023

Letture - 523

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Aida – Si dirà l’“Aida” di Coda, quella allestita all’Arena di Verona per il centenario. Anche di Mariette, l’egittologo, che è l’autore dell’intreccio (Ghislanzoni si limitò a ridurla per il libretto, fra i “deh!” e i “lai”). Una storia d’amore. E la più consona alla vicenda se non al libretto, e alla musica. Dell’amore tra nemici (la vecchia freccia all’arco del pacifismo), e dell’amore non riamato. A partire dalla “Celeste Aida” che la caratterizza.
 
Assegno in bocca - “Dovevo fare lunghe file per seguire le pratiche e passare da un ufficio all’altro con l’assegno in bocca”: così Berlusconi a un forum sula Pubblica Amministrazione, il 9 maggio 2003. “Assegno in bocca” era all’Eni nei primi anni 1970 l’allora segretario di Aldo Moro, Sereno Freato – così in Astolfo, “La gioia del giorno”.
 
Italia – Fu patria di elezione per molti intellettuali e artisti fino al primo Novecento: Michels, o Sorel  “fortunato” solo in Italia, Leo Spitzer, Ernst Robert Curtsius, Edward Lear, Norman Douglas, D.H. Lawrence, Gorkij, Gore Vidal. I tanti artisti russi che prima e dopo la Grande Guerra si trasferirono in Italia, della letteratura, del cinema, del teatro, del balletto.  Poi non più – sono invece intellettuali italiani di prestigio a scegliere la patria fuori. Si è cominciato con le leggi razziali e si è continuato dopo la guerra, per tutta la storia della Repubblica. C’è il regista italiano naturalizzato britannico, o francese, svedese, le tante scrittrici naturalizzate francesi, l’artista naturalizzato americano, ce ne sono in Germania, anche in Svizzera.
 
Jaccarino – Linda Jaccarino, la nuova Ceo di twitter, è variamente declinata, benché vip e anche molto vip: Yaccarino, Yakkarino e Jakkarino. Ci vuole un y o un k, a preferenza di una j, per essere veramente americani? Forse perché nell’ispanoamericano, la seconda lingua degli Stati Uniti, dalla Florida e il Texas alla California, e a New York, la j” ha un altro suono. Lei stessa comunque non si cura delle radici campane – cura il futuro, ora, dalla presidenza e la gestione di twitter, se rende di più con la pubblicità oppure con gli abbonamenti.
 
Kissinger –“Kissinger a volte, sentendosi uno straniero, cedeva al volere di Richard Nixon” -  Luigi R. Einaudi, il diplomatico americano nipote del presidente Einaudi, a Viviana Mazza su “La Lettura”, a proposito del Kissinger “italiano” di Oriana Fallaci, il Kissinger “cowboy”. Non si pone mai mente al fatto che Kissinger è un immigrato, uno che “si sente” immigrato. Con un accento tedesco che suona accentuato, anche ora che ha cento anni. E un tedesco ebreo per giunta. A un tassista che gli diceva di sperare che diventasse presidente Kissinger avrebbe risposto, dice Einaudi: “In che caos dev’essere questo paese per chiederlo a un grasso ebreo tedesco!”. Della politica di Kissinger dice: “Era più conservatore di me, anche reazionario!”, ma “sapeva che l’innocenza americana è una sciocchezza, che sono stai commessi abusi dei diritti umani… In America c’è una  tradizione di violenza preventiva, come con Bush jr., ma non credo che Kissinger l’avrebbe condivisa”.
 
Machismo – Le coppie classiche sono poco galanti, premettono sempre l’uomo alla donna: Romeo e Giulietta, Cupido e Psiche, Amore e Psiche, Aci e Galatea, benché Aci fosse un pastorello, doveva puzzare, Filemone e Bauci, Ero e Leandro, Deucalione e Pirra, Piramo e Tisbe, Teseo e Piritoo, Pan e Dafni – che però è maschio all’anagrafe.
 
Nazionalpopolare – Il contributo forse maggiore di Gramsci, più del concetto generico di “egemonia”, ritorna da destra. Dimenticato dalla sinistra che, seppure per la voce di Baudo, eterno democristiano, l’aveva rivendicato per decenni, e le sagre
dell’“Unità” celebravano. Abbandonato, ora che paga politicamente, a favore della destra, che se ne è impadronita – mentre la sinistra si fa fastidiosa (radical chic). Se ne è fatta la celebrazione a Verona, per i cento anni dell’Arena, con l’Aida. Uno schieramento “italiano”, col sorvolo delle Frecce Tricolori, per la contemporanea celebrazione dei cento anni dell’Aeronautica, inno di Mameli. Supportato da presenze forti: Sofia Loren sempre diva, al bracco di Sangiuliano, napoletano ma ministro della Cultura, e poi tutti quanti: Matt Dillon e Gigliola Cinquetti, Baricco e Sgarbi, Jerry Calà e Lino Banfi, Malvaldi e Placido, Mogol e Morgan, Alberto Angela e Luca Zingaretti, Iva Zanicchi e l’Amadeus di casa. Personaggi anche di sinistra, si suppone. Ma con l’assenza del primo sindaco di sinistra della città, l’ex calciatore Tommasi.

 
Ottocento – Si vuole affumicato. Bellocchio (“Rapito”) dopo Pupi Avati lo fa domestico, di interni, grigio brunito, di voci soffocate.  Singolare seppia di un tempo che invece era rivoltoso, molto sentimentale, individualista. Era fumoso, questo è vero, per l’industria illimitata e anzi urbanizzata. Ma anche dentro casa? Gli uomini si può capire, avevano barba e baffi e portavano le ghette. Ma le donne, vestivano anche loro sempre di grigio?
 
Roma – Rimandano a Roma le cinque pagine di malumori che Marguerite Duras dedica a Parigi nel libro-confessione “Vita materale” di quarant’anni fa. Le automobili, la maleducazione, le scuole inerti, i turisti maltrattati, la ristorazione precotta. E gli “stagnanti”, a ogni angolo del quartiere, alla chiesa, all’edicola, al bar, sul marciapiedi: “Che non fanno niente. Che essere vivi. E guardare” – in più sono ora al telefonino.
 
Scrittori – “Gli uomini amano le donne che scrivono – anche se “non lo dicono” (Marguerite Duras, “La vita materiale”). Ma anche i maschi: “Gli scrittori  provocano la sessualità nei loro confronti. Come i principi e le persone di potere”.
Sono però a rischio se amano il sesso, dice sempre Duras (per esperienza?): “Ho notato che gli scrittori che fanno superbamente l’amore sono molto meno grandi scrittori di quelli che lo fanno meno bene e nella paura”.    
 
Teatro di donne - “Dal 1900 non un solo testo di donna è stato rappresentato alla Comédie Française, o da Vilar al T.N.P. né all’Oéon, né a Villeurbanne, né alla Schaubühne, né al Piccolo Teatro di Strehler, di un autore donna o di un regista donna”, Marguerite Duras, “La vita materiale”. Per sessant’anni, fino all’irruzione della stessa Duras, e di Nathalie Sarraute.

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