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martedì 17 giugno 2008

Ma chi ha dato la patente agli antemarcia?

L’agenda politica della sinistra è dettata da “Repubblica” e “Corriere della sera”, si sa - i paladini antemarcia, quelli che erano di sinistra quando non eravamo ancora nati. Con la volenterosa Rai al seguito. Veltroni, che si era preso un po’ di autonomia, si è già arreso.
Sembra un fatto di verità. I due giornali sono i più grandi, quelli che hanno più lettori, con tutta l’autorevolezza quindi per fare la politica fingendo di dirla. Ma non è così.
L'agenda politica è dettata in realtà da Berlusconi. Di cui i grandi giornali sono i "volenterosi esecutori" per l'opinione pubblica di sinistra, che si vuole - Berlusconi vuole - residuale. Ma tralasciamo questo aspetto: è un fatto, ma forse troppo sottile.
“Repubblica” e “Corriere” costruiscono un’opinione elitaria, dei belli-e-buoni della Repubblica, e in parte perfino dichiaratamente snobistica, la cui unica base è l’autoreferenzialità – sono il più buono perché me lo dico. Dicono che c’è il fascismo, oppure che non c’è, con la stessa supponenza. Non ci troverete mai i fatti, anche terribili per un lettore di sinistra, che succedono nella realtà: l’immigrazione di milioni di disperati, ancora l’immigrazione, le diecine e centinaia di morti ogni giorni nel mare, o nei cantieri, l’inflazione, e ancora l’inflazione, il reddito incerto, le nuove forme di lavoro, il Nord, la luce della nazione, che vota Lega, la corruzione così diffusa, specie nel pubblico impiego. No, basta mettere in berlina Brunetta. L’unica partita politica che giocano è l’antiberlusconismo, certamente lecita, e forse dovuta, che porta forse qualche lettore, ma in primo luogo è una partita milanese, di affari e di potere negli affari. Compresa la Procura di Milano, che è asservita ad alcuni ambienti di affari, e per loro fa le partite.
Essendoci dentro pure la Rai, potrebbe sembrare che questa opinione sia vasta e dominante. Ma gli ascolti sono solo abitudine. Non c’è bisogno di studi di mercato: chi può credere che un solo ascoltatore segua i quindici minuti di pareri e contropareri di tutti i partiti in Parlamento su ogni vicenda politica, sia pure – raramente – d’interesse. Chi ha mai capito, ai telegiornali Rai, di che si sta parlando in politica?
Questi giornali sono in perdita costante da un paio d’anni di lettori, e ora anche di pubblicità. Questa combinazione ha una sola ragione nel mercato dei media: la perdita di credibilità. La perdita dei lettori non è cioè un fatto di mercato, o generazionale come sempre avviene per i giornali, di mutamento degli interessi, di aggiustamento delle formule editoriali, né di diverse opzioni politiche, nel qual caso se ne potrebbe configurare un ruolo resistenziale. No, l’industria non li considera più veicoli primari di attenzione. Si possono fare giornali anche brillanti sul nulla, ma non per sempre.
La stessa partita dell’antiberlusconismo, bisogna dire, così piena di buoni motivi, diventa non credibile per il fatto che si omettono, e anzi si difendono, prevaricazioni, brogli e corruzione. Nel caso in cui ne siano responsabili altri potentati milanesi, o altri interessi politici. Nella giustizia, nell’immobiliare, nella finanza (collocamenti fasulli, l’insider quotidiano a Milano, il mercato delle voci), negli appalti, specie aziendali (quante tangenti lasciano da parte gli uffici acquisti), nei servizi, pubblici e privati. Ma restiamo al mercato dei media.
I due giornali perdono quote e le fanno perdere alla sinistra forse per stupidità – chi ha lavorato alla Rizzoli non fatica a crederlo. La stupidità ha varie forme: l’abitudine, la ripetitività, la vecchiaia, che non necessariamente è anagrafica, la mancanza di fantasia, la mancanza di voglia. Ma più, e sicuramente, per furbizia. Che nel caso del “Corriere” è evidente (di “Repubblica” poco si sa, è tutta nella mente del padrone De Benedetti, con rappresentanze sindacali sedute). Due anni fa il supermanager Colao, il più richiesto d’Europa, ora a capo di Vodafone, il primo operatore dei cellulari, fu cacciato dal “Corriere” perché voleva farne un giornale che si legge e in cui tutti lavorano – ci lavorano quelli che lavorano. Alla proprietà, l’establishment milanese, ciò non interessava e non interessa. Quest’anno la proprietà ci perde anche contabilmente e dovrà mettere mano al portafoglio, ma nulla si cambia: il “Corriere” serve così com’è a Lor Signori.

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