Cerca nel blog

lunedì 5 gennaio 2009

La leggerezza del tradimento

A rileggerlo sapendo che Kundera ha fatto la spia, “L’insostenibile leggerezza dell’essere” è un’esibizione senza pudore non ironica né divertente, di carnaccia spenta. L’eterno ritorno vi è dell’eterno rimosso. Per l’insopprimibile bisogno di tradimento, delle amanti e degli amici. Giustificandosi col detto “einmal ist keinmal”, una volta non fa testo. Sembra tutto scritto. L’impudicizia fa dell’“intero universo… un enorme campo di concentramento di corpi identici fra loro e con l’anima invisibile”.
La verve c’è ancora. L’invasione russa fronteggiata e sconfitta con lo scherno. La decostruzione e l’imborghesimento di “Anna Karenina”, con cui un altro romanzo lirico si compone. La bellezza per errore. Il caso sostanza della realtà: “soltanto il caso ci parla”. La teodicea della merda. In un plot che è l’ultimo sogno di onnipotenza del maschio (occidentale). Ma si partecipa molto meno. E all’elogio del tradimento, al capitolo III, “Le parole fraintese”, non si ride più. Fatto dal personaggio più forte del romanzo, la pittrice Sabina, donna libera. Col codicillo: “Il primo tradimento è irreparabile. Esso provoca una reazione a catena di nuovi tradimenti”.
C’è anche l’interrogatorio suadente che finisce in delazione, al cap. V, sulla pesantezza. Amare è atto di cinismo: amiamo qualcuno perché ne abbiamo bisogno. “Vivere nella verità”, come Kafka vorrebbe, o nella “casa di vetro” di Breton, è solo possibile ai bugiardi e ai misantropi. Pesa pure l'ovvio: "Non si dice forse che l'autore non può parlare che di se stesso?... Tradire, e non potersi fermare sulla bella strada del tradimento?... Tutte queste situazioni le ho conosciute e vissute io stesso", l'autore.
D’improvviso appaiono singolarmente riservate le due citazioni promozionali, di Calvino e di Citati, in copertina del tascabile Adelphi.
Resta l’infamia dell’impero sovietico, dentro l’Europa. Più tristi di tutto le intercettazioni, di oppositori e esuli, quando sparlano tra di loro. E questo non per colpa di Kundera.
Milan Kundera, L’insostenibile leggerezza dell’essere, 1984

Nessun commento: