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lunedì 3 maggio 2010

La Cina non intercetta

Bo Xilai è l’astro nascente della nomenclatura cinese. Figlio di Bo Yibo, uno degli “otto immortali” di Mao, alla pari di Deng Xiaoping, che poi sostenne vigorosamente, è recente cooptazione del Politburo, e sarà uno dei suoi nove membri permanenti al congresso del Partito fra due anni, quando sette degli attuali nove capi dovranno lasciare. Deve la sua ascesa, oltre che al nome, alla campagna anticorruzione condotta a Chongqing dove è segretario del Partito, con più di tremila arresti in soli nove mesi, 87 funzionari accusati di collusione con la mafia, incluso l’ex capo della Polizia e Procuratore Capo Wen Quiang, e nove condanne a morte. Chongqing è la Detroit cinese, città siderurgica e metalmeccanica, uno dei quattro grandi centri dell’industria automobilistica, metropoli della Cina Gialla, avamposto della corsa all’Ovest.
“Asia Times” Bo Xilai ha presentato l’altro mese come la vedette del Congresso del Popolo: a sessant’anni, “l’alto, telegenico Bo Xilai ha personalità, charme e carisma”, un po’ populista, il giusto, e “molto popolare”, soprattutto fra i “netizen”, il pubblico della rete, anche per i suoi richiami a Mao, all’epigrammatica e alla sloganistica del Grande Timoniere. Non altrettanto popolare è però Bo, dice il giornale, fra i maggiorenti del Partito, che pure, normalmente, dovrebbero farsi una bandiera della lotta ala corruzione. È che la legge e l’ordine di Bo è andata troppo oltre, anche per gli standard cinesi.
Qualche giorno dopo l’elogio di “Asia Times”, l’ufficioso “China Daily” ha spiegato in un editoriale perché. Dopo aver riconosciuto l’urgenza della lotta alla criminalità, “China Daily” spiega ripetutamente con chiarezza che essa non può svolgersi fuori della Costituzione, e della protezione che la Costituzione dà alla corrispondenza privata, seppure con “lettera aperta”, telefonate al cellulare e posta elettronica: “La nuova politica della polizia villa il diritto costituzionale alla libertà di comunicazione. Le lettere inviate per posta a casa sono protette dalla legge penale, chi apre le lettere senza il nostro permesso può essere perseguito. I messaggi che mandiamo e riceviamo via personal computer e telefono cellulare sono, benché non tangibili in carta, comunicazioni private, a uso esclusivo di chi li manda e li riceve. Sono sotto lo stesso grado di protezione della Costituzione.” L’editoriale si conclude con un ammonimento alle ambizioni personali di Bo: “Oltretutto, abbiamo già detto che tutta la storia è uno spreco di risorse pubbliche”?

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