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giovedì 6 maggio 2010

Il “genere” della nuova umanità

Un pamphlet sconveniente, che la storica cattolica, già edita dal Mulino e da Laterza, deve pubblicare in casa, con l’editrice della omonima associazione di spiritualità di diritto pontificio. È uno svelto uppercut al “genere”, la nuova ideologia (ma non è una filosofia?) dell’essere umano indistinto sessualmente, clone della nuova umanità. Umberto Veronesi ne ha annunciato un paio d’anni fa l’avvento: “L’umanità sarà bisessuale”, perpetuamente transgender cioè, separando la sessualità dalla procreazione, che si farà in provetta. Un esito dell’eugenetica che neanche il dottor Mengele avrebbe saputo concepire, auspicato con la sovrana indifferenza del monumento sopravvissuto a se stesso: l’“uomo nuovo”, senza Dio e senza natura.
Il genere non è nuovo: si ipotizzava già a fine Settecento, nella civiltà degli automi, con le “Misantrofile” e altri manichini. Un secolo dopo era materia di sperimentazione scientifica, con i soldi dei Krupp e di Theodor Roosevelt, in Germania e negli Usa, nell’ambito dell’eugenetica. Un secolo dopo è vangelo all’Onu, e all’Unione europea, facendo leva non più sulla licenza ma sull’igiene e l’uguaglianza. La progressione è impressionante. Fra il 2000 e il 2006 l’Ue ha speso tre miliardi e mezzo di euro, attraverso il Fondo sociale, per finanziare il genere – un quarto dei quali nella sola Italia. La cifra non è plausibile, anche perché gli anni sono quelli della Ue dei cattolici Prodi e Barroso. E tuttavia un decimo dei tre miliardi e mezzo sarebbe già tanto, considerata la tirchieria del Fondo Sociale Europeo in altri campi. Ma forse non tutto è perduto, l’umanità deve pur sopravvivere anche al genere della “nuova umanità”, che è suicidario.
Giulia Galeotti, Gender-Genere, Viverein, pp.101, € 5

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