Cerca nel blog

martedì 15 giugno 2010

A Sud del Sud - il Sud visto da sotto (60)

Giuseppe Leuzzi

Trentasei modelle bionde ballano in continuazione per attirare le telecamere nelle partite dell’Olanda in Sudafrica. Fanno pubblicità surrettizia per una ditta tedesca di birra, la Bavaria, per conquistare il mercato olandese, o sudafricano. Non è uno spot difficile, molte belle bionde di razza olandese fanno ancora ricco il Sudafrica. Ma in questo caso non si dice che è un trucco tedesco, o olandese, per non pagare la pubblicità alla Fifa - il trucco è solo napoletano.
Solo i giornali italiani non se ne accorgono, e presentano le evidenti modelle come tifose. Sono stai pagati da Bavaria? Improbabile. No, ritengono che le olandesi, specie le tifose, non possano che essere ben proporzionate, slanciate e, perché no, anche bionde.

Giudicò Murat, cioè lo condannò, Raffaele Scalfaro, capo della Legione Sud della Calabria, beneficato dal Murat quand’era re. Ideale progenitore del presidente emerito della Repubblica, se non lo è fattuale.

La Bovalino-Bagnara è una strada non lunga, 61 km., ma detiene il record di curve e tornanti, circa un migliaio. Da sempre ne è promesso il rifacimento. Dal 1998 il rifacimento figura in primo piano alla Provincia di Reggio Calabria. C’è un progeto esecutivo del tracciato, con gallerie e ponti, ci sono state varie prime pietre dei lavori, ci sono anche i nomi dei manufatti, il ponte strallato Lizzati, il viadotto Giovanni Paolo II, ma non ci sono i manufatti. Né i lavori per avviarli.

La creazione del Sud
La squalifica del Sud è recente. Ancolra fino a dopo l’unità i resoconti e le impressioni di viaggio non fanno differenza. C’era il listò al Nord, o le piazze delle Erbe e dei Mercanti per passare il tempo,come il Corso al Sud. Gli interni, e gli esterni, di Favretto e dei favrettiani a Venezia a fine Ottocento non sono ancora più ricchi, decorosi, puliti che gli interni e gli esterni al Sud.

Grande rilievo del “Corriere della sera” all’informativa dei Ros, o della Procura di Firenze, che Bondi ha assegnato la direzione dei lavori agli Uffizi a un parrucchiere siciliano. Che ha un fratello legato alla mafia. Poi nulla risulta vero: Bondi non ha assegnato l’incarico, il siciliano che ha avuto l’incarico (non da Bondi), l’ha rifiutato, è un ingegnere e non un parrucchiere, e suo fratello è un architetto che non ha nessuna ditta e, dice “aborro la mafia, la sola parola mi fa paura”. Ma il “Corriere della sera” non si scusa. È così che nascono le storie, quelle del Sud.

Mario Alcaro sull’ultimo numero di “Critica Marxista” (nov.-dic.2009) può demolire divertito il “familismo amorale” di Banfield. La cui ricerca, ormai vecchia di oltre cinquant’anni, “Le basi morali di una società arretrata”, è stata riproposta dal Mulino cinque anni fa. Banfield la sua famiglia meridionale vuole nucleare, limitata al gretto legame di sangue, giacché conclude a “l’inesistenza della famiglia estesa, cioè di tipo patriarcale”. Senza neanche rapporti di amicizia, di vicinanza, di compaesanità. Ora, dice Alcaro, immaginarsi una famiglia del Sud senza parenti, amici, conoscenti, paesani… Senza contare, aggiunge, che Banfield trascura la storia che di un decennio l’aveva preceduto: le lotte per la terra in Calabria e Lucania, l’organizzazione dei braccianti, avviata da Di Vittorio in Puglia.
C’è in effetti in Banfield il modello inconscio degli Ik di Turnbull, la piccola tribù africana che viveva chiusa nel suo villaggio. Chiaromonte, un paese lucano di duemila abitanti a 800 metri di altezza, vissuto magari in inverno, si presta a una trasposizione del genere. Banfield, nato e cresciuto in una fattoria dispersa nella campagna dell’Oklahoma, e aiutato nel suo lavoro a Chiaromonte dalla moglie Laura Fasano, italiana nata in America, da genitori emigrati, può Anche averci avuto una predisposizione personale. Ma non è questo il punto debole della ricerca. Del resto la ricerca di Banfield vale per quello che è, il racconto di un’esperienza – seppure non senza pregiudizi. A Chiaromonte, il “Montenero” della sua narrazione, di cui non sa in che misura, scrive subito, “rappresenta le condizioni dell’Italia meridionale in generale”. Solo lo ritiene “abbastanza «tipico»”. Non è abbastanza per fargliene una colpa.
Il problema è la facilità con cui la categoria del “familismo amorale” si è imposta. Come qualsiasi altra formula derisoria della realtà meridionale. E non a opera del politologo conservatore americano. Per l’eterna “invenzione del Sud”, che è opera italiana. Nella quale solo fatti squalificanti sono possibili. È soprattutto per questo che il Sud non emerge dopo centocinquant’anni di storia unitaria e di asserito sviluppo del Sud stesso. Altrove i Sud sono usciti dal degrado e dall’arretratezza in pochi anni, l’Andalusia, l’Irlanda (era il paese più povero dell’Unione europea quarant’anni fa e ora è il più ricco), la Sassonia, dove non c’è il pregiudizio.

Mafia
Un Procuratore Nazionale Antimafia che denunzia un golpe della mafia, così, per sommi capi, per sentito dire, confidandosi con alcuni giornalisti, era ancora da vedere. Antimafia? Mafia?
L’ex presidente Ciampi gli dà ragione. Ero presidente del consiglio, dice, e ne ebbi sentore. E allora anche Scalfaro, che era il presidente della Repubblica, si ricorda. E che fecero? Non se lo ricordano?.
Manca Mancino per completare lo schieramento, il capo del Csm, ma lui i mafiosi pentiti accusano come golpista.

È carica straordinaria di energia: si può, si deve, anche leggere così. La mafia esprime una forte carica di energia dissipata, o convogliata su canali improduttivi. Resta da sapere perché.
La mafia si differenza dalla delinquenza comune perché nella violenza esprime anche molta energia, e molta capacità organizzativa e produttiva. I mafiosi hanno tutto dell’ottimo imprenditore, se si esclude la misura nella violenza (comprese la truffa e l’evasione-erosione fiscale): innovazione, capacità di valutare il rischio, capacità di creare reddito o ricchezza. Partendo da ambienti e condizioni personali sfavorite: emigrati marginali e isolati in America, Canada, Australia, villani a Palermo e in Calabria.
Sono un conferma o sono una smentita della concezione liberista della società? Della democrazia e della ricchezza che s’incrementano nello scambio?

La confessione viene legata al pentimento. Sono chiamano pentiti i confessanti di mafia. E per tali vengono venduti dall’editoria milanese che schiavizza il Sud. Che invece non lo sono. Sono testimoni, mafiosi, cioè per natura infidi.
Tutto è possibile. Anche decostruire la decostruzione, destabilizzare la destabilizzazione. Disorganizzare la disorganizzazione. Come operazione critica, certo, ricostitutiva. E faziosa: frantumare la frantumazione, dell’io, la persona, il mondo. Ma per quale legge e quale ordine? È operazione reazionaria, su cui si misurano l’Occidente, il papa, Freud, e l’imperialismo trionfante. “Non pentirsi di nulla è la suprema saggezza”, Kierkegaard dopo Spinoza sostiene pure con più verità: pentirsi come fatto attivo, parlare, denunciare, deprecare, cioè giudicare, è in realtà non pentirsi, il pen-timento è cancellarsi, giusto la metafora della prigione. Non si può rinun-ciare alla storia, non si deve. La storia divenuta reale non ha più fine, l’ha capita anche Debord. Si va per accumulo, soverchiando i segni meno.

Milano
Gabriele “Lele” Oriali, per una dozzina d’anni factotum dell’Inter e suo volto buono, viene liquidato per fare posto a un uomo di Benitez. Nemmeno mezzo ritratto simpatico dei giornalisti lombardi, nemmeno mezza riga di critica dell’improvvisa e immotivata liquidazione. Moratti, che già s’era com portato alla stessa maniera con Mazzola, è quello che è. Ma i giornali? I giornalisti? È Milano: sempre sul carro del “vincitore”.

Pagine e pagine dedicate alla furbizia, la strafottenza, la fortuna di Mourinho, l’allenatore di calcio più pagato al mondo. Che ha portato alla finale di Champions l’Inter, la squadra di calcio più pagata al mondo, e più indebitata in Italia. E ha ribattuto con disprezzo, verso Milano e verso il calcio italiano, alle paginate adulatorie. Fra le tante furbate di questo Specialone una senz’altro è apprezzabile: ha capito che a Milano bisogna dirsi migliore di tutti. Milano è città femmina, si sarebbe detto una volta, ha bisogno di farsi ingravidare.

Il catalogo di Manzoni è certo impressionante: mafia, stupro, aborto, anche in convento, gli sciacalli nella peste, la corruzione della giustizia e della religione, morte, puzza, idiozia. Non c’è altro romanzo, gotico, nero, che accumuli così tanta turpitudine. Tanto più per un’anima pia, che si assolve nella Provvidenza, e proprio perché si assolve. Pretendendo che Dio lo ascolti e lo aiuti.
In un luogo non evocativo (“Otranto”, “Saragozza”...) ma reale, storico, normale, Milano e dintorni.

È solo “milanese” nel trionfo. Anzi “milanese di madre bresciana”. Non si dice di Francesca Schiavone, trionfatrice al Roland Garros, “di origini meridionali”, come sempre nelle cronache (nere). Anche se non solo il padre è emigrato da Avellino, anche la madre bresciana ha origini meridionali. Il che è ottima cosa, la mancata sottolineatura. Se non che, nel caso, si segnala come un’omissione voluta, del tipo “giù le mani dai nostri successi”. O un nuovo tipo di anagrafe, in una col regionalismo? La madre certo è dirimente, in tutte le teorie razziste – anche se, nel caso, si ritorna alla domanda che perseguitava gli ebrei che cambiavano nome e religione: “Sì, ma prima?”
La “milanese di madre bresciana” è del “Corriere della sera”, o della “Gazzetta dello Sport”. Ma non è un omaggio al patron dei due giornali, Giovani Bazoli, il primo dei bresciani. È la cancellazione del padre. La conquista di Parigi non è il trionfo personale di Francesca Schiavone. O di una latina, per la prima volta, in uno sport da (ex) grandi potenze. O del tennis italiano. No, sarà stata una vittoria della Lega. Cioè, diciamoci la verità, di una certa Milano, quella che ci malgoverna da vent’anni. Lei ha dovuto far tappa, nella difficile carriera, in molti altri posti, anche in Sicilia, e non si stanca di dirsi italiana, e ringraziare l’Italia e dedicare il suo trofeo all’Italia. Ma è, ogni due righe, un’atleta “milanese”.

leuzzi@antiit.eu

Nessun commento: