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martedì 15 giugno 2010

Il complotto di Ciancimino in un romanzo del '50

Il processo era parte eminente della vita politica delle repubbliche democratiche, o sovietiche. Si montavano periodicamente processi politici con grande pubblicità e perfino pubblici, benché artefatti e violenti, come apparati scenici per celebrare il potere, e convincere-intimorire il pubblico-plebe. Con imputazioni in qualche percentuale non fantasiose (“Le imputazioni sono tante che di qualcosa dev’essere colpevole”, dice un innocentista).
Non c’è nulla che non sia stato già scritto. Soprattutto in materia di complotto. La fantasia dei complottatori è limitata, o le trame del genere sono ridotte (Eco ne avrà scritto?): il complotto è il tipico mercato dell’usato. Di trame però intellettuali, seppure poco variate: il complotto vuole deduzione, logica. Nel 1950 Ambler scrisse il complotto Berlusconi di oggi (riutilizzando peraltro materiali che già aveva unsato dieci anni prima come contorno politico al cattivo de "La maschera di Dimitrios"). Deltchev, il solo politico di opposizione, di una repubblica democratica popolare europea, che il regime ha deciso di eliminare, è accusato di essere stato membro della Fratellanza, l’organizzazione criminale segreta che più di tutti ha tentato di distruggere quand’era a capo del Governo Provvisorio dopo la Grande Trasformazione. Non manca l’intestazione di una quota editoriale alla moglie di Deltchev, il Nemico da abbattere. Con l’autogolpe che il Partito popolare si fa, per il tramite della bieca Fratellanza, per abbattere il Nemico e regolare i conti al suo interno.
Il paese balcanico somiglia molto all’Italia. È in fatti un paese “dove i delitti politici sono all’ordine del giorno”. Questo “Deltchev” è il modello del giudice Ingroia, che vuole Berlusconi complottatore con Riina per uccidere Falcone e Borsellino? La materia naturalmente non manca al giudice, collaboratore del “Fatto” e ospite dei migliori talk show, i più agguerriti, anche se non avesse letto il romanzo: i modelli sono nella storia, e Berlusconi sarà pure colpevole di qualcosa. In un vero complotto Ingroia non sarebbe morto, come già Falcone e Borsellino, ben più protetti di lui?
Questo stracco riciclo è uno dei segni del persistente sovietismo dell’Italia. Non è una sinistra che incolpa la destra, o viceversa. È un regime sordo, in questo caso di complottisti, di solito mezze figure (chi ricorda i ghigliottinatori? peraltro a loro volta ghigliottinati), che agitano la paura, da Ingroia al doppiopettista Fini - nel canone, l’accusato viene anche lasciato solo dai suoi: la rivolta è contro “papà” Deltchev, dall’esterno e dall’interno. Per questo stesso motivo, però, purtroppo per il lettore italiano “Il processo Deltchev” è materia di ogni giorno, non c’è sorpresa.
Cioè, le sorprese scoppiettano in questo romanzo. “Deltchev” è una delle trame più sorprendenti di Ambler. Per un artificio molto semplice: il testimone (autore teatrale, cronista al processo) diventa attore della vicenda. Nulla a che vedere con le mezze calzette stantie della cronache giudiziarie. E tuttavia si procede nell’intrigo col senso di già noto. Resta solo da scoprire la fratellanza che governa il Governo Provvisorio. Se non sono Riina e Provenzano, saranno quelli della “cricca”.
Eric Ambler, Il processo Deltchev, Adelphi, pp. 258, € 9

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