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martedì 2 agosto 2011

Il potere eversivo – Italia sovietica 3

La Banca d’Italia e il Quirinale che lanciano la speculazione sul debito italiano mettendo in difficoltà ogni giorno il governo si doveva ancora vedere. Questa non è bassa bottega politica, è golpismo. Draghi e Napolitano si riconoscono come i belli-e-buoni della Repubblica, ma il Presidente è destinato a questo punto ad affondare nella storia con Draghi, che fu l’artefice nel 1992, da direttore generale del Tesoro, che allora lavorava di conserva con la Banca d’Italia, del primo affondamento dell’euro. Pagato tutto dall’Italia, la Grecia di allora, benché avesse i conti in ordine. Con la famosa una tantum, l’Ici, le tasse sul risparmio, e l’attivo primario di sessantamila miliardi, trentacinque miliardi di euro, il più colossale salasso imposto a un’economia – senza alcun vantaggio: l’Italia, vent’anni dopo, ne è ancora indebolita.
Una presidenza della Repubblica che insinua e moltiplica l’insicurezza tenendo il paese nella paura sottomessa non è un fatto caratteriale, Napolitano è sempre stato persona riflessiva ed equilibrata, ma culturale e sistematico, opera peraltro di squadra. E non è il solo grumo di persistenza del sovietismo in Italia, in una con la storiografia, l’istruzione e il giornalismo di comodo, ciechi, faziosi, con la magistratura asservita, con le occhiute polizie politiche. È sovietico l’assetto, un potere eversivo che, all’ombra subdola del pace e bene, si erge a giudice e condanna, per prevenire o scardinare ogni equilibrio e ogni sana aspettativa , all’insegna del vecchio tanto peggio tanto meglio. È stato il sistema di governo prevalente nel Novecento in tre quarti dell’Europa, dal Portogallo a Mosca, e imperversa in Italia incontestato per l’egemonia togliattiana che è sopravvissuta alla fine del Pci. Al’ombra del Vaticano e dello steso ex Pci, del “compromesso storico”. Con le polizie e la giustizia politiche, la proprietà totalitaria delle banche, e l’uso affinato delle tecniche della disinformacija nell’area della libertà: si legga il giornale o si frequentino le librerie non si scappa, se ne esce convinti di avere rubato, estorto, assassinato, e anche, senza piacere, stuprato. Non noi, ma tutti gli altri.
In altra situazione “i banchieri” che chiedono, vogliono, impongono, una “ripresa economica immediata” non farebbero notizia, sarebbero una stravaganza. Tanto più se sono uno solo, Mussari, che poi banchiere non è, è solo ex diessino. O Marcegaglia, che nella Confindustria rappresenta solo se stessa, e quindi si costruisce un futuro da deputatessa dell’Udc. In Italia no, il Quirinale è in allarme – mette cioè in allarme. Non da ora bisogna dire, dai tempi di Cossiga e Scalfaro.
Con Ciampi, che il Quirinale ha voluto a sua misura, la degenerazione sembrava interrotta. Con Napolitano, dopo una prima fase di equilibrio e misura, si è precipitati nella bagarre. Con cose anche non serie: l’insulsa guerra a Gheddafi, o le stanze di Bossi a Monza. Ma utili, in mancanza di altro, a tenere sempre desto l’allarme, cioè a crearlo – tanto tuonò che piovve. Un potere eversivo è inconcepibile, in Hobbes non c’è, ma al Quirinale evidentemente sì.

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