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lunedì 24 ottobre 2011

Fino a quando la Germania boicotterà l’euro?

La Bundesbank, i banchieri centrali tedeschi di vent’anni fa e i loro epigoni, non hanno mai gradito l’euro. Una moneta che essi non controllano e che mette la Germania alla pari di una qualsiasi Italia.
Erano a conoscenza, come tutti, in primo luogo le banche tedesche che sono il dominus di quell’economia, che la Grecia truccava i conti, ma hanno lasciato fare. Ora fanno pagare alle stesse banche tedesche una buona metà del debito inesigibile greco. Senza proteste. Ma non senza logica: bisogna che l’euro sia governato da Francoforte, ma dalla Bundesbank e non dalla Banca centrale europea.
Tutto lo svolgimento della crisi è una chiara applicazione della linea Bundesbank – anche palese: non ci sono complotti. L’imposizione a freddo all’Italia, il paese più debole politicamente, di un rifinanziamento del debito al 6 per cento invece che al 2, vendendone in quantità i Btp, è una anche poco velata minaccia agli altri paesi, compresa la Francia. Il Fondo europeo di stabilità, nonché non essere una banca come avrebbe voluto Sarkozy, dipenderà dalla commissione Bilancio del Bundestag (ogni suo intervento dovrà essere finanziato, e ogni stanziamento dev’essere approvato dal Parlamento tedesco). Ci dovrà essere un bilancio europeo, un potere europeo, cioè tedesco, di governo dei bilanci nazionali, fisco e spese – un comitato di studio per la riforma del Trattati è stato votato. Basterà?
La partita potrebbe essere anche politica, dietro i tecnicismi di facciata e le resistenze della Bundesbank. I governanti tedeschi post-unificazione, il socialista Schröder come la democristiana Merkel, sono un altro genere di politici rispetto ai predecessori della Repubblica di Bonn, tutti in primo luogo europeisti. La Germania è da tempo su una sponda mercantilista, e non lo nasconde, anche nei confronti del “fratelli”, o sono “sorelle”, in Europa: l’onere aggiuntivo sul debito pubblico italiano si riflette sulla raccolta delle banche, sul costo del credito, e quindi sui costi di produzione, con un vantaggio comparato notevole per l’economia d’oltralpe. Su ogni altra questione all’infuori dell’euro, i governi europei hanno trovato in questi anni più rispondenza all’esterno, a Londra, a Washington, e perfino a Mosca e Pechino: la difesa europea, la stabilizzazione del mondo islamico, la regolazione monetaria mondiale, le politiche energetiche.

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