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martedì 25 ottobre 2011

Letture - 74

letterautore

Dante – Grandissimo intellettuale, storico, filosofo, teologo, semiologo, scienziato politico, linguista, codificatore della letteratura, nonché uomo politico e padre di famiglia. Nel non detto di Dante è il su fascino, nella sua composita biografia, che non si scrive – in Italia perché non ce n’è il gusto, ma neanche gli inglesi, che sono maestri del genere, ci riescono, siamo sempre alla “Vita di Dante” del Boccaccio, che è in realtà un “Trattatello in laude di Dante”.

C’è anche un Dante decostruito, e uno afro-americano - altrove, fuori d’Italia, Dante è la modernità. Il Dante derrideano, post.strutturalista, è di vent’anni fa, “Dante and Difference” di Jeremy Tambling. L’afroamericano è nel recente “Freedom readers” di Dennis Looney, o “The African American Reception of Dante Alighieri”. In particolare Looney lo segue nei romanzi “Uomo invisibile” di Ralph Waldo Ellison, 1953, nel quale Dante aiuta l’integrazione culturale, e quindi sociale, dell’“uomo invisibile”, il narratore di colore. E in “The System of Dante’s Hell” (Il sistema dell’Inferno di Dante) di LeRoi Jones, nel quale invece Dante e il suo itinerario di liberazione propiziano il rifiuto della società bianca.

È il classico più tradotto. Di tre nuove traduzioni in inglese è stata avviata la pubblicazione negli ultimi dodici mesi, due negli Usa e una a Londra. Mentre l’ultima traduzione in francese, di Jacqueline Risset, va in edizione economica. Sempre per la storia della modernità.

Freud - È scrittore. Il “mito scientifico” di “Totem e tabù”, l’uccisione del padre, servito a banchetto dei figli cannibali, e la conseguente difficile digestione, fanno un racconto horror, o di avventura, eccessivo, fuori da ogni cardine – e un mito decomposto, soffocato dai particolari “piccolo borghesi”, Ottocento. E tuttavia il racconto regge.

Antisemita per aspetti da cui il suo ebraismo non lo salva. Lo si è detto per la sua abiura professa, ribadita, all’ebraismo. E per la storia del Mosè egiziano. Ma più lo è per l’uccisione del padre, fondamento del suo costitutivo “Edipo”: Freud fa suo il deicidio che a lungo fu della Chiesa, anche se in chiave di bene e non di male assoluto. Accreditando in “Totem e tabù” al cristianesimo la “scoperta” dell’assassinio del Padre nella crocefissione del Figlio – dopo aver sentito il bisogno, del tutto incongruo, di abiurare, nella prefazione allo stesso saggio, all’ebraismo in tutti i suoi aspetti. L’antisemitismo è centrale al suo “Edipo”, all’assassinio del padre – un antisemita troverebbe molta materia nell’“Edipo” di Freud.
Anche Mosé e il monoteismo egiziani non sono esenti da motivi di antisemitismo. Con Hitler al potere e in piena attività Freud vi denuncia “un tratto del carattere che, negli ebrei, predomina nei rapporti col prossimo: è certo che essi hanno di se stessi un’opinione particolarmente favorevole, che si trovano più nobili, più colti degli altri”.

Incompiutezza – Michel Onfray fa di Sartre, in un breve paragrafo che è un saggio, nella “Conclusione” del pamphlet anti-Freud, “Il crepuscolo di un idolo”, uno specialista dell’inachèvement, l’incompiutezza. Per una sorta di psicanalisi non freudiana, o antifreudiana, da Sartre teorizzata in “L’essere e il niente”, al § 1 del cap. 2 della parte IV, “La psicanalisi esistenziale”. E messa in opere nelle 1.500 pagine “aperte” su Baudelaire, Genet, Flaubert. Una “rivoluzione nella psicanalisi” secondo Onfray, anche se resta tutta da dispiegarsi: “Una psicanalisi senza l’incosciente freudiano, che conserva alla coscienza, il per-sé nel gergo sartriano, un ruolo architettonico nella costruzione di sé”. Una “incompletezza” (incertezza) creatrice dunque, mentre la scienza, sia pure da Freud degradata secondo Onfray, si vuole distruttrice.

Psicanalisi – “La psicanalisi esistenziale” di Sartre (“L’essere e il niente”, parte IV, cap. 2 § 1), prescinde da Freud, se non per dire all’ultimo “questa psicanalisi non ha ancora trovato il suo Freud”. Fa ampio ricorso, per due terzi dell’esposizione, a Flaubert, e al suo commentatore Paul Bourget, lo scrittore nazionalista reazionario che aveva debuttato negli anni 1883-85 con una serie di “Essais de psychologie contemporaine” sui letterati dell’Ottocento, tra essi Flaubert, sulla base della teoria di Taine che la letteratura è “psicologia vivente” (è via Bourget che l’interesse assorbente di Sartre per Flaubert si è focalizzato?). Fa uso del concetto di libido ma in termini riduttivi: “La libido o la volontà di potenza costituiscono un residuo sociobiologico”. Opponendola anzi alla sua psicanalisi: “La psicanalisi esistenziale non deve risalire dal «complesso» fondamentale”, che è “la scelta di essere”, il per–sé, “fino a un’astrazione come la libido che la spiegherebbe”. Il “complesso” è “scelta ultima, è scelta di essere e si fa tale… irriducibile”. Al contrario, “la libido e la volontà di potenza non appariranno alla psicanalisi esistenziale né come caratteri generali, e comuni a tutti gli uomini, né come irriducibili”.
Sartre che pure scrisse per John Houston due trattamentoni di un film su Freud, oltre cinquecento pagine, poi non realizzato. Su richiesta del regista, è vero.

Risentimento – Capita di leggere d’infilata una serie di libri in dissidio con l’esistente, Pansa, Tabucchi, Onfray. Polemici più che critici. A volte con ragione, con ragioni argomentate, ma tutti risentiti, per una delusione subita, anche se non si dice rispetto a quali premesse o promesse. Una costante non imputabile a una scelta casuale, o personale, sono risentiti ultimamente anche gli scrittori entusiasti, costruttivi, grandi amorosi lettori, Citati, Magris, Arbasino. Gli scaffali delle librerie traboccano di libri sulle caste, oltre che contro Berlusconi. E nel giornalismo fa testo e titolo solo il risentimento - mentre non c’è un solo libro sulla crisi che ci attanaglia ormai da vent’anni e ha depotenziato l’Italia, anzi nemmeno un articolo: la disoccupazione mascherata, l’inflazione surrettizia, la previdenza praticamente azzerata, l’erosione del risparmio.
Sembra di leggere Santo Mazzarino, “La fine del mondo antico”: “pensieri tristi”. È la fine di un’epoca dunque. Dell’Europa nella globalizzazione? Dell’illusione comunista, che sempre domina la pubblicistica?

Stupidità - È contagiosa. Jean Paul e Musil lo sanno, anche se non lo dicono – la stupidità vuole gli scongiuri.
Delle cinque leggi della stupidità di Carlo M. Cipolla questa è la prima, ma non c’è.

letterautore@antiit.eu

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