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venerdì 6 gennaio 2017

I personaggi aggrediti dall’autore

Una presa in giro. È un nuovo genere? Dei “mostri” normalizzati. Ma mette a disagio, solo quello: non si ride, non si piange, non ci si arrabbia. Sarà per la recitazione gigionesca imposta a Meryl Streep e Hugh Grant, che a ogni inquadratura ammiccano fuori della storia. O per la scelta di pochi minuti della vita di un personaggio che pure è stato sulla scena americana, musica e teatro, per sessant’anni, e quindi tanto scemo o pazzo non doveva essere. Alla fine, dopo un concerto-monstre a 75 anni alla Carnegie Hall, affittata per un evento privato, pochi giorni prima della morte, scopriamo che Florence Foster Jenkins sapeva anche cantare – da giovane certo. Il disagio cioè finisce nello sconcerto.
Il concerto cult cui il film ammicca, alla Carnegie Hall, fu una gazzarra di marines e altri militari cui la protagonista patriottica lo offriva. Ma i militari all’opera non sono buona cosa. Il “Fidelio”, cioè Beethoven, fu fischiato alla prima a Vienna nel 1805 perché spettatori erano i soldati di Napoleone. Il personaggio, Florence Foster Jenkins, non è una stupida e non è una vittima. Ricca ereditiera, aveva dovuto lottare contro i genitori, fino ad andare via di casa, per farsi la formazione musicale cui ambiva. Pianista, ebbe la carriera troncata dal marito medico, che sposò a 18 anni, per esserne infettata dalla lue. Si rifece col canto. E mentre creava e finanziava istituzioni musicali, si esercitava di tanto in tanto in sale pubbliche, con tanto di locandina e programma, ma in recital privati, a invito. Tutto questo è detto di corsa, in pochi secondi, qui e lì nelle pieghe del film. Il film è dell’ultimo anno, di Florence col secondo marito, un attore che ha scelto di farle da manager, in un matrimonio di grande affetto, anche se fanno vite separate per via della sifilide di lei. Mentre preparano il concerto d’addio. Due maschere di se stessi, molto istrionici.
Frears, maestro dell’understatement, anche biografico (“The Queen”), si è messo sulla strada di Fellini oltraggiosa, ma senza la malinconia. Più che un racconto, questo film sembra un’aggressione.
Stephen Frears, Florence

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