Cerca nel blog

domenica 1 gennaio 2017

Letture - 286

letterautore

Diritti – Amy Schumer, attrice comica televisiva, ha strappato 9 milioni di dollari come anticipo al gruppo editoriale Usa Simon & Schuster per il suo ultimo libro, “The girl with the lower back tattoo”. Dove, è vero, si mostra in copertina nuda di schiena.

“Da noi procaccia dollari l’inchiostro”, aveva ragione Ketty, l’americana giovane legnosa –“le mammelle assenti… \ vergine folle da gli error prudenti” - che Gozzano si ritiene in dovere di corteggiare in India. In Italia invece alimenta “una casta felice d’infelici”. Nei diritti –  il capitale – è l’essenza della letteratura, tra creativa e di riporto?

Editoria – Era un fatto intellettuale non molti decenni fa, ancora negli anni 1970: di letterati, storici, filosofi, scienziati, cultori del tempo libero- Ed era un male, era risentito come un male, perché i libri si vendevano poco e male. È ora specializzata nella vendita. Ma all’accesso opposto,  del “tutto subito”, il best-seller della prima o seconda settimana. Operazione per la quale all’editore si richiedono speciali qualità di marketing, in libreria e fuori, e di comunicazione media. È un settore prettamente commerciale – anche la scrittura vi è subordinata: si scrive quello che sul mercato va, e come va sul mercato.

Gozzano – S’illustra Gozzano in copertina con “La cocotte” di Monet (Feltrinelli), che è datata 1875 ma è di un mondo prima – la cocotte di Gozzano è una ragazza che gioca alla seduzione non una che riceve in casa, civetta e non affarista. E con specchiera di un secolo fa, ricoperta di trine e galette (Sellerio). Mentre se ne afferma la modernità. Lo si confeziona antico per non venderlo? I lettori di poesia sono lettrici di una certa età, comunque nostalgiche? 

Metastasio - Wagner dice Metastasio “il più accomodante dei servi”, ed è vero, per troppe cose Wagner è insopportabile.

Mogli – “L’autore è sua moglie” ritorna, esercizio che sembrava in disuso, dopo i casi celebrati di Orwell e Terzani – dopo un po’ di scandalo, che non fa male. Ora riprende quota con Francis Scott Fitzgerald: Francis Scott Fitgerald era sua moglie Zelda, le saccheggiava i racconti, e poi la rinchiudeva tra i matti.
Ma non è una novità, Fitzgerald è da tempo una colonna del gossip. Che è ormai un dossier robusto. Ci sono le mogli di Brecht, alle quali egli rubò versi e idee, la moglie di T.S.Eliot, che le poesie gliele scriveva, Zelda Fitzgerald in altro assetto, la moglie snob che invidiava il marito, quella di Cesare ignota, la contessa Tolstaja naturalmente, e le donne triestine di Montale, alle quali il Poeta avrebbe rubato immagini e suggestioni. Un capitolo a parte è la moglie di Remarque, che dopo avergli rivisto “Niente di nuovo sul fronte occidentale” e scritto l’ultimo capitolo, lo lasciò per il muscoloso Ruttmann, il regista. C’è anche la “Zuleika” di Goethe, Marianne Jung, coautrice del “Divano”, per essere riuscita a sottrarre al grande vorace alcune ottime poesie e a pubblicarle in proprio. Senza dimenticare Sibilla e Quasimodo, con Cardarelli, Asja e Benjamin, Frida e Trockij - le segapalle. Anche la moglie di Omero sarebbe niente male, chissà quante gliene ha raccontate, se non che c’è l’Omero donna, almeno uno, di Samuel Butler.
Non ci sono invece mogli di artisti. Neanche di filosofi. Non si può vivere evidentemente – immaginare che si possa vivere - accanto a uno che pensa, sempre all’opera, anche quando dorme. A un monumento, che immagina e non conversa. Kierkegaard giustifica la sua bizzarra raccolta di prefazioni a libri che non ha scritto col pretesto che la giovane moglie non vuole che scriva, che si vuole tradita dai suoi progetti di libri peggio che da un’amante. Ma Kierkegaard non aveva moglie.

Ariosto chiede serio alla seconda strofa il permesso, dopo aver ricordato Orlando, “che per amor venne in furore e matto”: chiede a “colei che tal quasi m’ha fatto”, l’amante Alessandra, “che ’l poco ingegno ad or ad or mi lima”, un po’ di pazienza.

Sherlock Holmes andrebbe bene donna, moglie di Conan Doyle, travestita naturalmente – andrebbe bene allo scrittore, e spiegherebbe molte cose, a cominciare da Watson, acume compreso.  

Opera – È mediorientale prevalentemente. In quantità se non in qualità. L’opera in musica, il melodramma. Specialmente agli inizi del genere, ma fino a tutto l’Ottocento. Sulle tracce della letteratura d’evasione, dei primi romanzi - seriali: “Artameno il gran Circasso”, 8.500 pagine, dieci volumi, “Almahide la schiava regina” otto, “Ibrahim il gran Bassa” quattro.
Semiramide è protagonista di almeno un centinaio di opere in musica. Il solo Metastasio ha un catalogo interminabile di e sul Medio Oriente – se ne può dire anzi uno specialista preventivo: “Adriano in Siria”, “Alessandro nelle Indie”, “Achille in Sciro”, “Demetrio”, “Zenobia”, “Ciro”, “Artaserse”, “Didone” e “Catone in Utica” (la questione mediorientale copre anche il Nord Africa). Coi tanti Antigono, echi della maschia Antigone di Sofocle, Armide, Zaire, Zaide, Zelmire e Giuditte trionfanti – che però è un altro genere: l’amante nastratrice è universale. Händel gli fa concorrenza, anche lui operista fluviale: “Almira”, “Radamisto”, “Giulio Cesare in Egitto”, “Alessandro”, “Siroe”, “Jephtha”, “Serse”, “Tolomeo”, “Esther”, “Berenice”. Anche Mozart ne fu contagiato: “Idomeneo”. “Thamos re d’Egitto”, “Mitridate re di Ponto”, “Zaide”, “Il re Pastore”, “L’Oca del Cairo”, “Il ratto del serraglio”. Di più Rossini, che però fu più prolifico: una “Semiramide” ovviamente, “Demetrio e Polibio”, “Ermione”, “Adina”, “L’italiana in Algeri”, “Maometto Secondo”, “Il Turco in Italia”, “Armida”, “L’assedio di Corinto”, “Aureliano in Palmira”, “Ciro in Babilonia”, “Mosé in Egitto”, rifatto ampliato in “Moïse et Pharaon”, “Ricciardo e Zoraide”, “Zelmira”.

Redattore – Quello editoriale – l’editor di tante saghe americane – si celebra in Italia dacché, da una ventina d’anni ormai, non ha più una funzione. Se non fiutare il filone commerciale di successo e le proposte che vi si adeguano. Mantiene la funzione classica del nome, ma in quanto riscrittore o adattatore delle “proposte d’autore” al tema e al linguaggio del momento. Una sorta di “negro” all’inverso: ci mette l’opera ma non il nome.
Se si ristabilisse un clima giuridico, o anche solo sindacale, di protezione del lavoro, molte cause celebri potrebbero vedersi promosse sui diritti dei migliori best-seller, tutti palesemente opera redazionale.

Tramine – Quelle dei film sono straordinariamente (quasi) tutte fasulle.  Non ci danno nemmeno per caso. Nessuno vede i film che sintetizza – basandosi su comunicati stampa? Non si sa sintetizzare una storia in poche righe? Si fanno sbagliate di proposito, ma a che scopo? Ma è spesso inaffidabile, in fatto  trame di film, anche wikipedia. E allora?

Usa – Patria di scrittori iperletterati, ipercolti. Anche ora – da un paio di generazioni ormai – che non sono più New England dipendenti, non si allineano col birignao di Nord-Est. Si direbbe il contrario, essendo gli Usa (anche) la Dollaria di Pound e Freud. Avendo obliterato stesso Pound. Dopo avere esiliato Eliot a Londra, come in parte Henry James. E respinto Joyce alla dogana. Dopo aver sempre respinto caparbi Dante: nel 1860, quando fu infine tradotto, Harvard ne boicottò la pubblicazione, per essere il poeta indecoroso, medievale, scolastico, cattolico, e l’opera sconciamente una commedia. Ma i suoi autori, ladri, pugili, lava-piatti, sono iperletterati. Anche quando scrivono d’occasione, per il mercato, malinconici, quelli che ci hanno provato, Jack London, Hemingway, Melville, Plath, Sexton, Foster Wallace, e quelli che si annegano nella droga, la misoginia, la misantropia, l’alcol, Poe, Dickinson, Henry James, Ginsberg, Kerouac, Dick. Il più corrivo e commerciale di tutti, Dick, è costruitissimo, di filosofie non superficiali e di molta teologia. “Sulla strada” è ipercostruito, per riscritture evidenti, anche redazionali, forse per progetto: il mito della prosa spontanea si nutre con applicazione.

letture@antiit.eu 

Nessun commento: