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domenica 19 novembre 2017

Letture - 324

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Dante – “Un Dio per noi”, lo dice Leopardi nei “Pensieri”, “un mostro per li farncesi”. Che però ne hanno disponibili una mezza dozzina di traduzioni, anche in edizione econimuica a larga tratura, che si rimovano ogni pochi decenni. ben tre (v.) traduzini in cmercio, traduzini nuove, di Jacqeline Risset, .Hanno una Société d’Études Dantesques a Nizza, molto attiva, e una Société Dantesque de France a Parigi, che edita una “Revue des études dantesques”. Fanno convegni, promuovono specializzazioni.  

Inquinato da “antico rozzore” lo trovava Lorenzo il Magnifico, che ne scrisse a Federica d’Aragona.

È scettico, a giudizio di Giuseppe Renzi nella sua professione di scetticismo, “La mia filosofia (Lo scetticismo)”. Pur riconoscendolo “di sua natura trasmutabile per tutte le guise”, ne mette in rilievo il “potente individualismo”: “Proclamando che la mente umana deve star contenta ai puri fatti (il quia), perché con le sole sue forse non può penetrare le ragioni ultime, afferma un pirronismo positivista pascalianamente colorato”.

Femminismo – Ha un precursore d’eccezione, Spengler. Nell’imponente “Tramonto dell’Occidente” Spengler stabilisce il primato della donna al culmine della sua trattazione, il capitolo Quarto, “Lo Stato”. Alla radice di esso, tra “caste, nobiltà e sacerdotalità”: La lotta dell’uomo contro l’uomo avviene sempre in nome del sangue, della donna. È per la donna, concepita come simbolo del tempo, che esiste una storia politica”. A un breve elenco di donne che hanno fatto la storia, Caterina Sforza, Elena, Carmen,Caterina II, Désirée, premette: “La donna di razza ciò lo sente. Essa è il destino, essa ha la parte di destino”.

Maria – È celebrata da Goethe nel “Faust” forse più che da Dante nella “Divina Commedia” – il richiamo è meno scontato, meno canonico anche. Al culmine del poema, con un crescendo corale, se ne invoca l’intercessione per la salvezza: “Tutto il caduco\ è solo simbolo,\ l’insufficiente è qui perfetto;\  l’inesprimibile\ si fa realtà; \ l’Eterno Femminino\ in alto ci trae”. In una cioè con la celebrazione del principio femminile, non si una Vergine Maria sottomessa obbediente. Un’influenza del viaggio italiano di Goethe: la salvezza per intercessione è molto cattolica. Ma senza pentimento – senza senso di colpa. E senza Cristo: Goethe riduceva il cristianesimo a “fallita rivoluzione politica”, tramutata in rivoluzione morale. Del Cristo diceva “la più potente manifestazione dell’Altissimo che sia concessa ai figli della terra”, ma come il sole – al sole e al Cristo non dedicando culto divino, adorazione. E lo derubricava a “Amleto peggiore” - peggiore per non aver saputo  impedire ai suoi di tradire.

Pazzia- La sua frequenza tra i poeti avrebbe una ragione fisica? Rensi, “La mia filosofia (Lo scetticismo)”, ha questo aneddoto: “Lombroso racconta in qualche luogo che in una casa di salute  due paranoici redigevano un giornale, di cui era redattore uno affetto da manie di grandezza e di persecuzione, il quale in un giorno era capace di scrivere cinque lunghi articoli in versi non scadenti, mentre il compagno correggeva, migliorava, rinnovava all’occorrenza”.
Lombroso fu direttore per pochi medi del manicomio di Pesaro nel 1872, per il quale chiese e ottenne dall’amministrazione provinciale che gli affidava l’incarico una serie di miglioramenti, “al modo di Germania e Gran Bretagna”. Tra i quali la redazione di un giornaletto, che intitolò, “Diario di San Benedetto”, pensato e redatto dagli assistiti.  

Petrarca – Il primo e più radicale scettico di tutti lo proclama Rensi nella breve storia “Lo scetticismo in Italia” che conclude “La mia filosofia (Lo scetticismo)”: “Lo scetticismo in Italia si formula nettamente col Petrarca (indice dell’indole scettica del quale è già il suo appassionato amore per Cicerone) che nel “De sui ipsium et multo rum aliorum ignorantia” oppone all’onniscienza dello scolasticismo e al dogmatismo dei teologi l’incapacità socratica di sapere e il concetto pragmatistico della superiorità dell’azione (della condotta virtuosa) sulla speculazione intellettualistica”..

Pirandello – Non si dice, ma ebbe dopo la guerra alcuni decenni di oscuramento. Ancora attorno al 1970 veniva rappresentato soltanto a Parigi, e a Parigi sempre dagli stessi, i Pitoëff. In Italia ne parlava solo Macchia, un francesista. Anche dopo non ha avuto grande lustro, malgrado i tanti titoli al glamour. Niente è stato preparato e niente si fa per i contocinquant’anni della morte – non se ne ricorda nemmeno la Sicilia, che pure ama le celebrazioni, specie della sicilianità. Come di un autore minore, o trascurabile.
Era robusto, Pirandello, sportivo, occhi chiari, naso importante, fronte da gigante, capelli fluenti ben pettinati, a suo agio a casa e lontano da casa. Studiò in Germania, tirava di fioretto, costruì case. Un personaggio, e uno scrittore comico. Non ultimo per la vicenda del Nobel, che ebbe alla fine perché prima doveva andare alla Deledda – la quale, laureata, molti viaggi fece a Stoccolma per sconsigliare Pirandello, suo nemico dacché ne aveva sbeffeggiato il ruolo in famiglia nel romanzo “Suo marito”.
Non l’ometto calvo con la barbiccia grigia e le borse alle guance della ritrattistica, estenuato dal secondo e terzo lavoro a tavolino, sfiancato dalla gentile Antonietta Portolano sua moglie e dal senso del decoro. Per cui non poteva neppure innamorarsi, l’amore della moglie lo aveva seccato. Si capisce che l’operosa milanesina Marta Abba se lo sia fatto amante col vincolo della castità.
Formato in Germania, più cosmopolita per gusto e cifra del tardo decadente D’Annunzio, che scimmiottava a Parigi la poesia di mezzo secolo prima, compresa l’affettata depravazione – un po’ alla Benjamin, che fumava per scriverne. Forte realista, fine analista politico. Antonietta candida, la moglie che ebbe presto problemi psichiatrici, ne fece un grande, le energie concentrandone sul proprio nulla.
Fascista, nel fascismo identificava già nel 1923 la sua arte, e Mussolini lo fece accademico. Ma ne censurò le commedie e lo rovinò da impresario, come un personaggio pirandelliano. Sempre gli dei perdono chi amano.

Viaggio – “La disgrazia dei viaggi è che danno il gusto di viaggiare”, Dumas al figlio il 5 novembre 1858, da un accampamento all’incrocio delle strade di Vladikavkaz e Derbent, oggi Ossezia, nella Russia meridionale.

leuzzi@antiit.eu

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