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lunedì 20 novembre 2017

Il Citati liberato

Una raccolta di elzeviri scritti per “la Repubblica” (senza indicazione dell’origine, Citati non ha gradito l’allontanamento dal suo quotidiano), e di altre prose sparse. Tutte o quasi animate, estrose. Anche se in spirito passatista, ancora in polemica con i consumi di massa. E con molto buon tempo antico. Ma non guasta: testi agili, senza sentenziosità. Con molti fermenti vivi. Come se Citati, lo scrittore di altri, si fosse autoliberato, con la stessa eccitazione. Nel quadro, più spesso, di uno sciocchezzazio che progettava con Marc Fumaroli, e poi evidentemente non hanno realizzato.
In fatto di pedagogia - il gruppo iniziale delle prose, folgorante – la critica del presente, in tutti gli ordini di scuole e nelle famiglie, non è misoneista, nessuno gli darà torto: infanzia e adolescenza sono conculcate oggi. Citati fa un ragionamento a ogni pagina convincente. I millennial sono generazioni perdute dai genitori, a opera loro, che accudiscono invadenti, non crescono i figli e non li rispettano – li occupano: otto ore di scuola, tre di attività varie e tre di tv e videogiochi, ai quali non partecipano.
Sulla scuola la requisitoria è di un “bambino” che sappia scrivere, niente di più, ma sagace, salace: l’infanzia è uno dei massimi doni dell’esistenza. Senza sopracciò: il tema no il riassunto sì, “il bambino deve vincere semrpe”, la lettura, la lettura, la lettura, il bambino è avido di sentire raccontare. Altri “pezzi” sono affascinanti. Su Calvi, il banchiere suicida. Sull’organizzazione Medici con l’Africa, di cui nessuno dice nulla. Perfino in tema di politica estera, sui wahaniti sauditi che governano il radicalismo islamico e scompaginano il Medio Oriente. Su Berlusconi – di cui Citati si finge compagno al liceo – è memorabile, un pezzo da antologia, se se ne faranno sul politico imprenditore. Un incredibile ritratto di papa Ratzinger ne anticipava lo sconforto (la prima edizione della raccolta è del 2011): “Tutti i cattolici osservano da tempo la condizione di inquietudine e d’angoscia che occupa la mente di Benedetto XVI”.
Una radicale rasatura del comunimso-bolscevismo, da Togliatti in giù, ha destinato la raccolta al silenzio, le redazioni culturali sono ancora nostalgiche. Ma la sovversione del linguaggio a opera di Stalin merita un monumento – ancorché da assortire col personaggio che tra le due guerre rifece il linguaggio internazionalista e l’immaginario dei compagni di strada e si vuole obliterare, Willi Münzenberg.
Pietro Citati, Elogio del pomodoro, Oscar, pp. 266 € 9,50

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