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giovedì 27 dicembre 2018

Cronache dell’altro mondo 17

Di che parliamo quando parliamo di Russiagate, delle elezioni americane manipolate da Mosca? Del dossier fabbricato e venduto da una (ex) spia inglese, a sostegno nel 2016 della campagna elettorale Democratica.
La rivista “New Yorker” ripubblica tra gli articoli memorabili dell’anno, della sua lunga serie di articoli contro Trump, il ritratto dell’uomo all’origine del Russiagate, la spia inglese Christopher Steele. Partendo dalla telefonata ricevuta da Steele a Londra a gennaio, su un cellulare schermato, non tracciabile, da un “amico a Washington” che lo informava di una inchiesta pendente contro di lui, promossa da due senatori repubblicani, per aver “mentito all’Fbi” a proposito del suo dossier sui rapporti fra Trump e Putin all’origine del Russiagate:
“Le accuse avrebbero solo accresciuto i dubbi sulla reputazione di Steele che gli si erano attaccati addosso dopo la pubblicazione del suo dossier, a gennaio del 2017. Il dossier tratteggiava un quadro schiacciante di collusione fra Trump e la Russia, suggerendo che la sua campagna elettorale aveva «accettato un flusso regolare di informazioni dal Cremlino, anche su Democratici e altri rivali politici». Affermava anche che esponenti pubblici russi avevano «coltivato» Trump per cinque anni, e avevano accumulato un potere contrattuale su di lui, in parte registrando video di lui in attività sessuali compromettenti, incluse frequentazioni di prostitute moscovite che, a sua richiesta, urinavano su un letto.
“Nella primavera del 2016 Orbis Business Intelligence, una piccola società di ricerche-investigazioni che Steele aveva fondato con un socio nel 2009, dopo essere uscito dall’M.I.6, il servizio segreto di spionaggio britannico, si era accordata per fare ricerca di opposizione (sic!) sul torbido rapporto di Trump con la Russia. Ai termini dell’accordo, Orbis era un subcontraente di Fusion GPS, una società di ricerca privata di Washington. Fusion, a sua volta, era sotto contratto con uno studio legale, Perkins Coie, che rappresentava insieme la Campagna presidenziale di Hillary Clinton e il Comitato Nazionale Democratico. Alcuni mesi dopo aver firmato il contratto, Steele seppe che, risalendo la catena, la sua ricerca era finanziata unitamente dalla Campagna Clinton e dal C.N.D.. In tutto, Steele fu pagato 168 mila dollari.
“Steele aveva passato oltre venti anni nell’M.I.6, gran parte dei quali occupandosi di Russia. Per tre anni, negli anni 1990, aveva spiato a Mosca sotto copertura diplomatica. Tra il 2006 e il 2009 aveva diretto l’ufficio Russia, nella sede londinese. Parla il russo, ed è considerato un esperto del paese”.

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