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domenica 23 dicembre 2018

La creazione al cinema, mezzo di "sbalorditive incapacità"

“Il cinema è la scuola elementare dei piaceri estetici” – elementare nel senso non di scuola limitata, ma dell’obbligo, per tutti. È un’arte che si serve di un mezzo meccanico di qualche capacità ma anche di “sbalorditive incapacità”. O: “Nella tragedia, il cinema è rimasto bambino”. Si legge Alvaro anche al cinema con interesse - non ci sono sue prose anonime.
Il volume documenta un’attività all’apparenza marginale dello scrittore. Che invece vi fu sempre coinvolto. Curatore delle rubriche di cinema per il periodico “Nuova Antologia” nel 1934-1935, e poi de “Il Mondo”, dove aveva tenuto la rubrica del teatro, successore di Flaiano, nel 1952-53, prima di infermarsi. E negli anni intermedi collaboratore di “Cinema” e poi di “Bianco e Nero”. Sceneggiatore di lungo corso. In almeno una ventina di film, quanti ne citano i curatori della raccolta, Gaetano Briguglio e Giovanni Scarfò. Quasi tutti grandi produzioni, impegnative. Con gli attori del momento, fino a Silvana Mangano, Gassman, Vallone. Cosceneggiatori i migliori scrittori di cinema, fino a De Santis, Chiarini, Antonioni, Lizzani. Di “Patto col diavolo” di Chiarini, di “Riso amaro” (dialoghista) di De Santis. Con Orio Vergani sceneggiarono “Noi vivi”, il romanzo di Ayn Rand, regista Goffredo Alessandrini, coproduttore Vittorio Mussolini, allora direttore di “Cinema”, che poi, essendo il film chilometrico, ne trasse due, “Noi vivi” e “Addio Kira!” Ma cinematografaro diffidente, come spiega Callisto Cosulich nel saggio di presentazione - al tempo di un’altra editoria: un saggio critico sul critico dettagliato e argomentato, questo di Cosulich, di quando le cose si facevano sul serio e non a fini pubblicitari: solo trent’anni fa, la raccolta è del 1987. Con molte riserve, ma ammirato, e curioso.
Il cinema è allo stadio in cui era la letteratura in Arcadia , “prima della grande fiammata romantica”: “Convenzione, maniera”, e i soliti contrasti città-campagna, amore-onore, natura- sentimenti. Ma già si dice “come al cinema”, “è un cinematografo”, come una volta si diceva “è teatro”. E con un sottinteso attivo, forte: è il cinema a condizionare la realtà, non viceversa – il cinema è falso realismo.
Uno “spettatore” più che un “critico”, ma “d’eccezione”, lo dirà Chiarini in morte, su “Cinema nuovo”. Contro il neo realismo, per esempio “Umberto D.”, sulla premessa sempre che il cinema è falso realismo, da “cultore del verosimile” (Cosulich).  Ma apprezza “Due soldi di speranza”. E “Banditi” di Lizzani - “ha ventinove anni”. È esilarato da “Bellissima” - da Anna Magnani e anche da Visconti. Sul neorealismo riflette in un saggio breve, di cinema comparato, di duratura intelligenza.  
Un mediatore utile. Affronta il cinema come fatto culturale e non come svago, con passo fermo, con esiti condivisibili e non ma sempre argomentati, di lettura. Gli articoli degli anni 1930, sul cinema in generale come espressione e come arte, sono da antologia, Come poi, su “Il Mondo”, quello sul neorealismo e le notazioni sul primo Chaplin, quello di Sennett, 1913-1917. Nonché le riflessioni sparse, in cui eccelleva. Sulla paura nelle epoche di rapida innovazione. Sul localismo in letteratura, scornato in Italia, e solo in Italia.
Il cinema Alvaro lega alla letteratura. Il legame non piace a Cosulich, per la diversità dei due “mezzi”, la diversità tecnica. Ma il legame Alvaro trova nella libertà creativa in rapporto al pubblico, di narrazioni per un pubblico vasto, se non di massa. Al cinema rimproverando l’eccessivo trash, a suo parere non necessario. Lo fa anche altrove, in testi non di questa raccolta. Per esempio in una nota di diario del 1941, a proposito dei titoli piatti dei film in italiano: “Graduatoria dei titoli dei film. Primo: sangue…  secondo: anime… terzo: seduzione… quarto: tormento… quinto: galera… sesto: i titoli poetici… settimo: nomi propri, oppure avorio nero, oro rosso, ecc.”. 

Corrado Alvaro, Al cinema, Rubbettino, remainders, pp. 311 € 7,76

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