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Saffismo impavido e triste
Una fila lunghissima alle Poste, più di una. Di donne prevalentemente. Di
chiacchiericcio di paese – quello di origine dell’autrice, Scaur, che un po’ fa
capo a Formia un po’ a Roma. Di risentimenti, presentimenti, segreti,
occultati, non inventati?, sospetti, e tipi come se ne incontrano ovunque,
inerti se non sciocchi, comunque ripetitivi, saputi, dietro le pose, le
apparenze. Valerio ci si è divertita a lungo – e l’editore pure, che pubblica
il libro appena terminato di scrivere, maggio 2025 (lo componeva ma mano?). Che
dirne?
Valerio
ne fa una storia saffica. Di pulsioni naturali, cioè spontanee, che vanno al di
là di ogni ragionevole dubbio, o resistenza, più o meno culturale. Senza
esclusione degli uomini – anzi con uomini al loromeglio, forti e intelligenti,
o vissuti e sornioni, e sempre padri accudenti, comunque paterni. Per il resto,
una tranche di vita di paese, quale
probabilmente non è mai stata “rappresentata” – raccontata, fatta rivivere.
Saporita, benché profusa. Del resto, la ripetizione è l’ossatura del linguaggio
di paese. Di cui Valerio si diverte a fare la mimesi. Con risultati ottimi: il
taglio linguistico delle “comari” è sempre appropriato. Uua fooma italiana che mantiene intatto il
dialetto, sapore e costrutto: asintoticità, allusione, già detto (complicità),
pause, accentazioni.
Con
non molto costrutto. Una divagazione più che altro, un divertimento d’autore.
Ci sono anche “I Malavoglia”, con “le triglie di gennnnaio” – più saporite? E
Luciana Castellina stalinista involontaria, che “in una piazza gremita” spiega
di non avere mai “incontrato un essere umano innamorato di un’idea che non si
fosse prima innamorato di una persona” – per cui “i regimi totalitari” si
possono dire “l’estensione della gelosia dei maschi per le femmine”. Nonsense. E “tutti gli animali fanno l’amore
ma solo gli esseri umani possono perlarne” – solo dell’amore? Con un “ma”.
In
un paio di punti l’autrice dice di rifarsi a “Harmony”. E ci riesce: la storia
saffica, le storie saffiche di cui la narrazione è farcita, hanno le stesse
“intensità”. Per lo più al passato, rimorso o rimpianto, oppure, se al
presente, come rimembranze-rifacimenti di un passato eterno, immemoriale. Ma
dopo varie professioni di comunismo, di odio contro Berlusconi, e di Mussolini
- la scena saffica centrale, un bacio tra una cinquantenne, quasi, e una
settantenne, ultra, con esplorazione
digitale delle parti intime risultata seccagna, s’infioretta di palazzo
Grazioli (Berlusconi) e di palazzo Venezia, del “balcone” (Mussolini). Che ci
azzeccano “Harmony” e Berlusconi col saffismo? “Harmony” perché ne è stata
autrice – per 137 numeri come Josie Bell (“una ex attrice americana della fine
degli anni Ottanta, di una manciata di film d’azione”), e “un’ottantina con lo
pseudonimo di Amanda King”, Anna Paratore, che è la madre single di Giorgia
Meloni? Non c’è saffismo, non si gode, se non c’è “fascismo”? Esercizio
peraltro arduo nella scena madre anche a una vista a uncino, dato che palazzo
Grazioli si posiziona un centinaio di metri indietro rispetto al “balcone”,
allo stesso palazzo Venezia). È come se Valerio ci prendesse in giro – o
peggio, se fa sul serio.
Chiara
Valerio, La fila alle poste, Sellerio, pp. 366 € 16
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