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Alcibiade – Si pubblicano 52 “pezzi” di Mario Praz, scritti per “Paese sera” tra il
1960 e il 1972. di cui, da cultore di
Praz e lettore del quotidiano (per alcuni anni anche professionale), non si
conserva memoria. Non attirava lo pseudonimo o possono non attirare gli scritti
di Praz non firmati?
Arabia Saudita – Oggi al centro delle
“industrie culturali” (promozioni socio-politiche) di ogni tipo, architettoniche, greeen, calcistiche, tennistiche, museali, etc., era per Elemire
Zolla sconsolato, “L’eclisse dell’intellettuale”, 1959, “ormai l’unico posto
del mondo che resista all’industria culturale”.
Bidet – Il settimanale “Robinson” lo rilancia, con un servizio a quattro mani,
River Akira Davis e Kiuko Notorya, giapponesi si presume, o nippo-americani,
perché si tratta di un bidet di fabbricazione giapponese che fa fortuna, pare,
negli Stai Uniti. Serve come bidet classico e anche come water, il getto
essendo incorporato nel water. Il che, viene spiegato, consentirebbe il risparmio
della carta igienica.
Potrebbe essere uno scherzo. Ma è più probabile che sia
vero, in America si fa molta riflessione sul bagno domestico - in California
usano anche due sciacquoni, uno per la pipì e uno per la cacca, per risparmiare
l’acqua.
Bikini – Ma è un’invenzione, dello stilista Louis Réard, come sinonimo di “bomba
atomica” – si è usato a lungo dire delle pin-up, o di Marylin Monroe,
“l’atomica”. Bikini era il nome di un atollo
del Pacifico, nelle isole Marshall, su cui nel 1946
gli Stati Uniti condussero una serie di esplosioni nucleari “spettacolari” –
per un vasto pubblico, di personalità, giornalisti e curiosi. Ma sporchi, sporchissimi.
Se ne fecero due dei tre programmati. Uno in
superficie, e uno sott’acqua, contro navi militari e civili, per poi provare a
ripararle e decontaminarle. I primi peraltro di una vasta serie di esplosioni
“a fini di ricerca” in altre località delle stesse isole Marshall.
Duello – Ha colpito – impoverito – specialmente la letteratura russa: non solo
Puškin ne è morto giovane, di 38 anni, anche Lermonotov ne era morto ancora più
giovane, di 27 anni. Entrambi per motivi amorosi. Quello mortale di Puškin fu il
ventunesimo in cui fu coinvolto: 15 su sua sfida, dei quali solo 4 poi ebbero
luogo, e 6 su sfida avversa. Il duello ricorre anche in un paio dei suoi
racconti.
Sono sempre duelli alla pistola. Di Lermontov, della
sua passione per i duelli, non c’è traccia nei racconti. Ma le biografie lo
dicono volentieri attaccabrighe, negli anni del Caucaso, delle guerre contro i
ceceni. Morì per mano d Martinov, un altro ufficiale del suo distaccamento, suo
vecchio compagno di accademia.
Editoria - Kerbaker segnala sul “Sole 24 Ore
Dmenica” l’altra uno studio del catalogo Feltrinelli per i 70 anni della casa
editrice affidato agli allievi del Laboratorio di Editoria della Cattolica di Milano.
Da cui risultano per la narrativa i molti successi degli anni 1950-1960 (che
sono, andava detto, quelli della Feltrinelli di Bassani, Nanni Filippini, Giampiero Brega), e la singolare
desertificazione successiva – c’è Tabucchi, anche questo andava aggiunto, ma giungeva
valorizzato da Elvira Sellerio.
Lo
stesso vale per Einaudi, malgrado Pavese e Calvino – resiste qualche Sciascia
(dovuto a Calvino) e poco più – specialmente inerti le collane di Vittorini. e
la “creatività” dell’Einaudi di Vittorini.
Vittorini, che tanta pessima
letteratura ha promosso da Einaudi, tanta ottima ne ha bocciato da Mondadori,
il Gattopardo, Živago, Simenon, Grass. Lo stesso Calvino,
che ha pubblicato anch’egli boiate immense, ha dedicato a Morselli, al suo
romanzo della vita, un viaggio in treno fino a Milano, un’ora e mezza da
Torino, e gli ha negato la pubblicazione.
Feltrinelli nei primi anni 1970 vendeva nelle
librerie le
tecniche di fabbricazionee delle molotov, e ne espungeva i libri Adelphi, Rusconi, De Agostini, e Rizzoli eccetto la Bur. Mentre
pubblicava, dopo
gli “Scritti di economia” di Cavour, le opere d Salvemini, al dodicesimo
volume, “Settore privato” di Léautaud,
e “come farlo”, a letto e al mare. Non pubblicava Cohn-Bendit: “Non voglio
libri di anarchici”, aveva detto l’editore, Giangiacomo, rivoluzionario terrorista.
Le
impiegate in casa editrice avevano ancora il grembiule, azzurro.
Francese – “Un francese sa tutto, anche se non ha imparato
niente”: è tranchant Dostoevskij nel saggio “Russia”, p. 17, a proposito
degli stranieri che non sanno nulla della Russia e ne dicono di tutto. Il suo
“francese in Russia” non è da copyright
– i “viaggiatori” spesso provocano risentimenti - ma questo di Dostevskij è del
1860, e dà bene l’idea: “Viene da noi a darci una sbirciatina della più alta
penetrazione…” - pp.17-18.
Freud-Jung
– “Freud era più scrittore, vinse il premio Goethe, mentre a Jung interessava
fino a un certo punto lo stile” - Luigi Zoja a Antonio Gnoli su “Robinson”: “Ma
la sua vasta cultura ne fece uno straordinario umanista”. O anche: “Freud è sta
soprattutto un intellettuale e uno scrittore, Jung lo definirei un maestro”.
Galileo –
È famosamente “il più grande scrittore italiano” per Italo Calvino. Possibile?
È avvenuto – Galileo, autore che non si può non dire secentesco, è invece
leggibilissimo, e interessantissimo anche per il lettore comune, anche se non
scrisse poesie né romanzi, ma Calvino è andato oltre.
Avveniva quasi
sessant’anni fa. La vigilia di
Natale 1967 Anna Maria Ortese inviava a Calvino una sorta di lettera aperta sul
“Corriere della sera”, a proposito di “Ti con zero”: “Caro Calvino, non c'è volta che sentendo parlare di lanci spaziali, di
conquiste dello spazio, ecc., io non provi tristezza e fastidio; e nella
tristezza c'è del timore, nel fastidio dell'irritazione, forse sgomento e
ansia. Mi domando perché…..”..
La scrittrice, reduce dal successo
infine con “Il mare non bagna Napoli”, con cui ha vinto il premio Viareggio, è
a disagio per l’entrata massiccia nella sua ordinata quotidianeità della
tecnologia – di cui, per istinto o cultura, sa che bisogna diffidare.
Il 27, quando il “Corriere” tornava in
edicola dopo la pausa natalizia, recava anche una profusa risposta di Calvino a
Ortese: “Cara
Anna Maria Ortese, guardare il cielo stellato per consolarci delle brutture
terrestri? Ma non le sembra una soluzione troppo comoda? Se si volesse portare
il suo discorso alle estreme conseguenze, si finirebbe per dire: continui pure
la terra ad andare di male in peggio, tanto io guardo il firmamento e ritrovo
il mio equilibrio e la mia pace interiore. Non le pare di
"strumentalizzarlo" malamente, questo cielo?” Etc., per una buona cartella.
Con la chiusa, un’esortazione alla conoscenza. Anche dell’“universo
extraumano”: “La luna, fin dall'antichità, ha significato per gli uomini
questo desiderio, e la devozione lunare dei poeti così si spiega…. Chi ama la
luna davvero non si accontenta di contemplarla come un’immagine convenzionale,
vuole entrare in un rapporto più stretto con lei, vuole vedere di più nella
luna, vuole che la luna dica di più. Il più grande scrittore della
letteratura italiana di ogni secolo, Galileo, appena si mette a parlare della
luna innalza la sua prosa ad un grado di precisione e di evidenza ed insieme di
rarefazione lirica prodigiose. E la lingua di Galileo fu uno dei modelli della
lingua di Leopardi, gran poeta lunare...”
Jacovitti – Da sempre
trascurato – perché non “allineato”? – lo esuma Altan, intervistato su
“Robinson” da Luca Valtorta: figlio di Carlo Tullio-Altan, severo antropologo,
sociologo e filosofo, per il quale tutto andava proibito ai bambini, “mi arrangiavo”,
dice. Classe 1942, non si lasciava in realtà sfuggire le letture d’obbligo
negli anni dell’adolescenza: “Leggevo Topolino, Gim Toro, il Piccolo
Sceriffo, Il vittorioso e, soprattutto, Jacovitti” – che era la colonna del
“Vittorioso” (manca “Capitan Miki”, il resto c’è tutto). “Qualcuno di questi
l’ha influenzata?”, chiede l’intervistatore. “Sicuramente Jacovitti: c’è qualcosa
di lui che mi è rimasto. C’erano tutti questi particolari sorprendenti”. Una vindicatio
sorprendente, su una costola di “la Repubblica”, in prima.
Moravia – “In una pagina
di diario, Croce scrive che in quel giorno è venuto a trovarlo «lo scrittore di
romanzi Moravia»” – è l’incipit del “divertimento” a due che Magris ha intrattenuto
col suo amico Mario Vargas Llosa, poco tempo prima della morte di quest’ultimo (confidato a un testo che Einaudi pubblica solo in versione kindle, col titolo “Mondo,
romanzo” – mentre sarebbe “È possibile
il romanzo senza il mondo moderno?”). Lo “scrittore di romanzi” era per Croce
una parentesi nella storia della letteratura, di poco interesse.
Ringraziamenti – “Me ne
asterrò”, conclude così lo storico Galasso la prefazione alla sua ultima opera, “La
Calabria spagnola”, 2012, “e per non cadere in una ritualità un po’ stucchevole
(specie se nella forma anglosassone di moda, che inizia col ringraziare Tizio e
Caio, e conclude invariabilmente con le mogli e i figli, e magari col proprio cane
o gatto), e perché non vorrei così estinguere il ricordo delle cortesie che ho
ricevuto”.
Sia
il cane che il gatto ringraziati in effetti è capitato di incontrarli. Anche
“le mogli” è giusto, ci sono libri che prendono due matrimoni.
letterautore@antiit.eu
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