Cerca nel blog

venerdì 27 giugno 2025

Letture - 582

letterautore


Alcibiade – Si pubblicano 52 “pezzi” di  Mario Praz, scritti per “Paese sera” tra il 1960 e il 1972.  di cui, da cultore di Praz e lettore del quotidiano (per alcuni anni anche professionale), non si conserva memoria. Non attirava lo pseudonimo o possono non attirare gli scritti di Praz non firmati?
 
Arabia Saudita – Oggi al centro delle “industrie culturali” (promozioni socio-politiche) di ogni tipo,  architettoniche, greeen, calcistiche, tennistiche, museali, etc., era per Elemire Zolla sconsolato, “L’eclisse dell’intellettuale”, 1959, “ormai l’unico posto del mondo che resista all’industria culturale”.  
 
Bidet – Il settimanale “Robinson” lo rilancia, con un servizio a quattro mani, River Akira Davis e Kiuko Notorya, giapponesi si presume, o nippo-americani, perché si tratta di un bidet di fabbricazione giapponese che fa fortuna, pare, negli Stai Uniti. Serve come bidet classico e anche come water, il getto essendo incorporato nel water. Il che, viene spiegato, consentirebbe il risparmio della carta igienica.
Potrebbe essere uno scherzo. Ma è più probabile che sia vero, in America si fa molta riflessione sul bagno domestico - in California usano anche due sciacquoni, uno per la pipì e uno per la cacca, per risparmiare l’acqua.

 
Bikini – Ma è un’invenzione, dello stilista Louis Réard, come sinonimo di “bomba atomica” – si è usato a lungo dire delle pin-up, o di Marylin Monroe, “l’atomica”. Bikini era il nome di un atollo
del Pacifico, nelle isole Marshall, su cui nel 1946 gli Stati Uniti condussero una serie di esplosioni nucleari “spettacolari” – per un vasto pubblico, di personalità, giornalisti e curiosi. Ma sporchi, sporchissimi.

Se ne fecero due dei tre programmati. Uno in superficie, e uno sott’acqua, contro navi militari e civili, per poi provare a ripararle e decontaminarle. I primi peraltro di una vasta serie di esplosioni “a fini di ricerca” in altre località delle stesse isole Marshall.
 
Duello – Ha colpito – impoverito – specialmente la letteratura russa: non solo Puškin ne è morto giovane, di 38 anni, anche Lermonotov ne era morto ancora più giovane, di 27 anni. Entrambi per motivi amorosi. Quello mortale di Puškin fu il ventunesimo in cui fu coinvolto: 15 su sua sfida, dei quali solo 4 poi ebbero luogo, e 6 su sfida avversa. Il duello ricorre anche in un paio dei suoi racconti.
Sono sempre duelli alla pistola. Di Lermontov, della sua passione per i duelli, non c’è traccia nei racconti. Ma le biografie lo dicono volentieri attaccabrighe, negli anni del Caucaso, delle guerre contro i ceceni. Morì per mano d Martinov, un altro ufficiale del suo distaccamento, suo vecchio compagno di accademia. 

 
Editoria  - Kerbaker segnala sul “Sole 24 Ore Dmenica” l’altra uno studio del catalogo Feltrinelli per i 70 anni della casa editrice affidato agli allievi del Laboratorio di Editoria della Cattolica di Milano. Da cui risultano per la narrativa i molti successi degli anni 1950-1960 (che sono, andava detto, quelli della Feltrinelli di Bassani, Nanni Filippini, Giampiero Brega), e la singolare desertificazione successiva – c’è Tabucchi, anche questo andava aggiunto, ma giungeva valorizzato da Elvira Sellerio.
Lo stesso vale per Einaudi, malgrado Pavese e Calvino – resiste qualche Sciascia (dovuto a Calvino) e poco più – specialmente inerti le collane di Vittorini. e la “creatività” dell’Einaudi di Vittorini.
Vittorini, che tanta pessima letteratura ha promosso da Einaudi, tanta ottima ne ha bocciato da Mondadori, il Gattopardo, Živago, Simenon, Grass. Lo stesso Calvino, che ha pubblicato anch’egli boiate immense, ha dedicato a Morselli, al suo romanzo della vita, un viaggio in treno fino a Milano, un’ora e mezza da Torino, e gli ha negato la pubblicazione.
Feltrinelli nei primi anni 1970 vendeva nelle librerie le tecniche di fabbricazionee delle molotov, e ne espungeva i libri Adelphi, Rusconi, De Agostini, e Rizzoli eccetto la Bur. Mentre pubblicava, dopo gli “Scritti di economia” di Cavour, le opere d Salvemini, al dodicesimo volume, “Settore privato” di Léautaud, e “come farlo”, a letto e al mare. Non pubblicava Cohn-Bendit: “Non voglio libri di anarchici”, aveva detto l’editore, Giangiacomo, rivoluzionario  terrorista. Le impiegate in casa editrice avevano ancora il grembiule, azzurro.
 
Francese – “Un francese sa tutto, anche se non ha imparato niente”: è tranchant Dostoevskij nel saggio “Russia”, p. 17, a proposito degli stranieri che non sanno nulla della Russia e ne dicono di tutto. Il suo “francese in Russia” non è da copyright – i “viaggiatori” spesso provocano risentimenti - ma questo di Dostevskij è del 1860, e dà bene l’idea: “Viene da noi a darci una sbirciatina della più alta penetrazione…” - pp.17-18.
 
Freud-Jung – “Freud era più scrittore, vinse il premio Goethe, mentre a Jung interessava fino a un certo punto lo stile” - Luigi Zoja a Antonio Gnoli su “Robinson”: “Ma la sua vasta cultura ne fece uno straordinario umanista”. O anche: “Freud è sta soprattutto un intellettuale e uno scrittore, Jung lo definirei un maestro”.
 
Galileo – È famosamente “il più grande scrittore italiano” per Italo Calvino. Possibile? È avvenuto – Galileo, autore che non si può non dire secentesco, è invece leggibilissimo, e interessantissimo anche per il lettore comune, anche se non scrisse poesie né romanzi, ma Calvino è andato oltre. 

Avveniva quasi sessant’anni fa. La vigilia di Natale 1967 Anna Maria Ortese inviava a Calvino una sorta di lettera aperta sul “Corriere della sera”, a proposito di “Ti con zero”: “Caro Calvino, non c'è volta che sentendo parlare di lanci spaziali, di conquiste dello spazio, ecc., io non provi tristezza e fastidio; e nella tristezza c'è del timore, nel fastidio dell'irritazione, forse sgomento e ansia. Mi domando perché…..”..
La scrittrice, reduce dal successo infine con “Il mare non bagna Napoli”, con cui ha vinto il premio Viareggio, è a disagio per l’entrata massiccia nella sua ordinata quotidianeità della tecnologia – di cui, per istinto o cultura, sa che bisogna diffidare.

Il 27, quando il “Corriere” tornava in edicola dopo la pausa natalizia, recava anche una profusa risposta di Calvino a Ortese: “Cara Anna Maria Ortese, guardare il cielo stellato per consolarci delle brutture terrestri? Ma non le sembra una soluzione troppo comoda? Se si volesse portare il suo discorso alle estreme conseguenze, si finirebbe per dire: continui pure la terra ad andare di male in peggio, tanto io guardo il firmamento e ritrovo il mio equilibrio e la mia pace interiore. Non le pare di "strumentalizzarlo" malamente, questo cielo?” Etc., per una buona cartella. Con la chiusa, un’esortazione alla conoscenza. Anche dell’“universo extraumano”: “La luna, fin dall'antichità, ha significato per gli uomini questo desiderio, e la devozione lunare dei poeti così si spiega…. Chi ama la luna davvero non si accontenta di contemplarla come un’immagine convenzionale, vuole entrare in un rapporto più stretto con lei, vuole vedere di più nella luna, vuole che la luna dica di più. Il più grande scrittore della letteratura italiana di ogni secolo, Galileo, appena si mette a parlare della luna innalza la sua prosa ad un grado di precisione e di evidenza ed insieme di rarefazione lirica prodigiose. E la lingua di Galileo fu uno dei modelli della lingua di Leopardi, gran poeta lunare...”
 
Jacovitti – Da sempre trascurato – perché non “allineato”? – lo esuma Altan, intervistato su “Robinson” da Luca Valtorta: figlio di Carlo Tullio-Altan, severo antropologo, sociologo e filosofo, per il quale tutto andava proibito ai bambini, “mi arrangiavo”, dice. Classe 1942, non si lasciava in realtà sfuggire le letture d’obbligo negli anni dell’adolescenza: “Leggevo Topolino, Gim Toro, il Piccolo Sceriffo, Il vittorioso e, soprattutto, Jacovitti” – che era la colonna del “Vittorioso” (manca “Capitan Miki”, il resto c’è tutto). “Qualcuno di questi l’ha influenzata?”, chiede l’intervistatore. “Sicuramente Jacovitti: c’è qualcosa di lui che mi è rimasto. C’erano tutti questi particolari sorprendenti”. Una vindicatio sorprendente, su una costola di “la Repubblica”, in prima.  
 
Moravia – “In una pagina di diario, Croce scrive che in quel giorno è venuto a trovarlo «lo scrittore di romanzi Moravia»” – è l’incipit del “divertimento” a due che Magris ha intrattenuto col suo amico Mario Vargas Llosa, poco tempo prima della morte di quest’ultimo (confidato a un testo che Einaudi pubblica solo in versione kindle, col titolo “Mondo, romanzo” – mentre sarebbe  “È possibile il romanzo senza il mondo moderno?”). Lo “scrittore di romanzi” era per Croce una parentesi nella storia della letteratura, di poco interesse.
 
Ringraziamenti – “Me ne asterrò”, conclude così lo storico Galasso la prefazione alla sua ultima opera, “La Calabria spagnola”, 2012, “e per non cadere in una ritualità un po’ stucchevole (specie se nella forma anglosassone di moda, che inizia col ringraziare Tizio e Caio, e conclude invariabilmente con le mogli e i figli, e magari col proprio cane o gatto), e perché non vorrei così estinguere il ricordo delle cortesie che ho ricevuto”.
Sia il cane che il gatto ringraziati in effetti è capitato di incontrarli. Anche “le mogli” è giusto, ci sono libri che prendono due matrimoni.

letterautore@antiit.eu

Nessun commento: