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Il sole dell’avvenire
Un dettagliato e molto documentato prospetto degli
investimenti multimiliardari per l’“energia del futuro”, la fusione nucleare.
La sola che potrà effettivamente fronteggiare il cambiamento climatico.
Il progetto non è nuovo, bisogna premettere.
Iniziative europee datano dagli anni 1980, a opera del Nobel per la Fisica
Rubbia, in Spagna col suo “calderone”, e della Comunità Europea a Ispra con
un “Tokamak” pilota. Entrambe finite nel
nulla: erano idee di ricerca più che progetti, mentre la fusione richiede
sforzi e capitali ingenti. La stessa Unione Europea ora punta in grande, con un
Tokamak mostruoso, in Francia, nel sito di ricerca nucleare di Caradache.
Si tratta, di fatto, di “riprodurre” il sole.
Impresa per cui le tecnologie e i materiali disponibili non sembrano sufficienti.
Ma la convinzione è generale che un salto è inevitabile, e che ci sarà, chi
dice nel 2035, e chi nel 2050. Ci sono “almeno 43 iniziative o partnership private
negli Stati Uniti e nei paesi alleati che stanno gareggiando per
commercializzare l’energia da fusione”. Tra esse, negli Stati Uniti, vale
ricordare una larga partecipazione Eni.
Ad oggi sono stati investiti più di 8 miliardi di
dollari, per lo più denaro privato, nelle start-up di fusione, la maggior parte
dei quali negli ultimi quattro anni. E poi c’è la Cina naturalmente, che si suppone,
si teme, sia avanti a tutti – ha l’impianto di sperimentazione più grande e già
attivo.
Scienziati e istituzioni sono più dubbiosi che
fiduciosi. E tuttavia gli investimenti crescono rapidamente.
Il problema c’è: il fabbisogno di elettricità si
moltiplica per effetto della transizione green
e dell’intelligenza artificiale - ne è già grandissima consumatrice: La
fusione è l’unica soluzione.
Evan Halper, No one has made fusion power
viable yet. Why is Big Tech investing billions?, “The Washington Post”, 22 giugno, online (anche in traduzione, Nessuno ha ancora reso l'energia da fusione sostenibile. Perché le Big Tech stanno investendo miliardi?)
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