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venerdì 27 giugno 2025

Il sole dell’avvenire

Un dettagliato e molto documentato prospetto degli investimenti multimiliardari per l’“energia del futuro”, la fusione nucleare. La sola che potrà effettivamente fronteggiare il cambiamento climatico.
Il progetto non è nuovo, bisogna premettere. Iniziative europee datano dagli anni 1980, a opera del Nobel per la Fisica Rubbia, in Spagna col suo “calderone”, e della Comunità Europea a Ispra con un  “Tokamak” pilota. Entrambe finite nel nulla: erano idee di ricerca più che progetti, mentre la fusione richiede sforzi e capitali ingenti. La stessa Unione Europea ora punta in grande, con un Tokamak mostruoso, in Francia, nel sito di ricerca nucleare di Caradache.
Si tratta, di fatto, di “riprodurre” il sole. Impresa per cui le tecnologie e i materiali disponibili non sembrano sufficienti. Ma la convinzione è generale che un salto è inevitabile, e che ci sarà, chi dice nel 2035, e chi nel 2050. Ci sono “almeno 43 iniziative o partnership private negli Stati Uniti e nei paesi alleati che stanno gareggiando per commercializzare l’energia da fusione”. Tra esse, negli Stati Uniti, vale ricordare una larga partecipazione Eni.
Ad oggi sono stati investiti più di 8 miliardi di dollari, per lo più denaro privato, nelle start-up di fusione, la maggior parte dei quali negli ultimi quattro anni. E poi c’è la Cina naturalmente, che si suppone, si teme, sia avanti a tutti – ha l’impianto di sperimentazione più grande e già attivo.
Scienziati e istituzioni sono più dubbiosi che fiduciosi. E tuttavia gli investimenti crescono rapidamente.
Il problema c’è: il fabbisogno di elettricità si moltiplica per effetto della transizione green e dell’intelligenza artificiale - ne è già grandissima consumatrice: La fusione è l’unica soluzione.
Evan Halper, No one has made fusion power viable yet. Why is Big Tech investing billions?, “The Washington Post”, 22 giugno, online (anche in traduzione, Nessuno ha ancora reso l'energia da fusione sostenibile. Perché le Big Tech stanno investendo miliardi?)

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