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martedì 24 giugno 2025

L’impossibile America dell’Iran

Il “Satana” del khomeinismo, gli Stati Uniti d’America, ha una sorta di attrazione, in tutto il Vicino Oriente, per l’Iran. E viceversa, bisogna dire, malgrado le maledizioni.
L’Iran, ancora dopo quasi mezzo secolo di barbarie khomeinista, è il Paese più occidentale, democratico, istruito, considerato (politico, diplomatico) del Medio Oriente. Con il migliore inglese americano della regione, preciso, svelto, sintetico, espressivo. Che gli Stati Uniti ha però sempre tenuto ai margini. Il golpe della Cia del 1953 contro il governo eletto Mossadeq, che voleva nazionalizzare il petrolio, fu la causa principale della caduta dello scià 35 anni dopo. A favore di un ayatollah di seconda o terza fila non considerato a Qom, il cuore religioso dello sciismo.
Era però un critico dello scià, in esilio volontario in Iraq, e fu “creato” Grande Oppositore dai servizi occidentali in Francia, vicino Parigi. Che ne favorirono la propaganda. E presto spinsero lo scià a farsi da parte, con la incredibile presidenza Carter (che poi Khomeiny giustiziò politicamente, prendendo in ostaggio tutta l’ambasciata americana, una cinquantina di persone - una vicenda finita con gli elicotteri di Carter insabbiati, mandati per liberare gli ostaggi).
Era il tempo in cui gli Stati Uniti puntavano sul radicalismo religioso islamico per fronteggiare l’Unione Sovietica in Medio Oriente. Il 4 gennaio 1979 Carter mandò un suo fidato gen. Huyser (vice-comandante delle truppe Usa in Germania) a Teheran per convincere lo scià a lasciare il potere, dodici giorni dopo lo scià partiva in esilio, ventisette giorni dopo Khomeiny aveva l’Iran in mano.
Un rapporto contrastato. Fra due realtà, conoscendole da vicino, opposte. Lo stesso mondo, due culture opposte: la saggezza vs. la forza, la tranquillità d’animo vs. l’eccitazione. L’improduttività anche - per la Ragione, il Giusto - contro l’aggressività, l’efficientismo, il monopolismo.
L’Iran è stato il primo Paese nel Medio Oriente su cui gli Stati Uniti hanno aperto il loro ombrello,  sostituendosi al monopolismo britannico (Iraq, Kuwait, Emirati, lo stesso Iran). Erano entrati da tempo in Arabia, il neo re Saud marciava con le compagnie americane, ma il suo regno era considerato un deserto di beduini. A cavaliere del 1970 era un viavai a Teheran di imprenditori americani in cerca di affari - specie in agricoltura, con gli innesti in America di varietà di mele, dei pistacchi, di vitigni antichi pregiati, di cui la Persia islamizzata non faceva più uso.   
Il fascino è stato però, ed è, reciproco. Frange minuscole di iraniani guardano alla Germania, all’Italia, l’orizzonte è inevitabilmente americano.

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