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Israele a Beirut
A fine settembre e poi il 6 ottobre un generale israeliano con un arabo
perfetto ammonisce, ripreso o rilanciato da tutti i media, che questa o
quell’area o quartiere o palazzo di Beirut sarà bombardato dall’aviazione. E
poi sui cellulari si poteva avere la pianta esatta dell’area da bombardare.
Qualcuno si è anche appostato per vedere il bombardamento.
Nel Libano Sud, bombardato più volte da Israele durante la guerra, e
anche prima, da cui chi poteva è sfollato, il tentativo di ritornare dopo la
tregua, o comunque di recuperare qualche oggetto ancora utile, è stato seguito
da droni. Con l’ingiunzione di aprire casse, valige e altri involucri prima di
entrare, se i muri erano ancora in piedi. E di aprire i contenitori all’uscita,
per mostrare ciò che si porta via.
Al mercato rionale una persona sconosciuta s’incontra. Che, a parlarci,
ha un arabo non buono e anche un inglese non buono. Dice di essere un libanese
del Sud che era emigrato in Canada, ora ritornato per vedere se la vecchia casa
è ancora in piedi. Dopo questa conversazione è sparito.
(Queste naturalmente non sono cose viste, ma è “come se”, di narrazione
affidabile).
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