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mercoledì 7 novembre 2007

Se muore un moralista, sobrietà

Enzo Biagi è figura centrale della questione morale. Sempre al centro giusto di ogni vicenda. Sempre corretto, a suo modo di vedere, ma fermo nell’apparente bonomia, che ha fatto la sua fortuna come scrittore, e quella del suo editore, se ha venduto sette milioni di suoi libri. E' anche al centro della nuova resistenza: quattro anni fa, per un figlia pre-morta, Biagi non interruppe né variò il colonnino settimanale anti-Berlusconi sul "Corriere della sera". Il moralista però si vuole sempre sobrio. E il funerale non lo è, sceneggiato dalla Rizzoli, con la rizzoliana figlia Bice, e dai giornali del gruppo, “Corriere” in testa - e meno male che Napolitano ha resistito alla tentazione del funerale nazionale.
Il funerale, un tempo specialità gesuita, diceva Gioberti, è appannaggio di chi non ha nulla da dire – a lungo il Pci. Ora si fa anche per vendere libri, bene, si può soprassedere, non è etico, ma solo per un fatto di buon gusto. Se non che il nome di Biagi compare non solo nelle fantasiose presentazioni di libri sul Mar Rosso al tempo di Angelo Rizzoli jr.. Compare anche sui taccuini in cui Angelone, che per questo perdette l’impero, per avere utilizzato fuori contabilità 29 miliardi, segnava i compensi fuori bilancio, magari di sabato o domenica, ma in contanti, e a suo dire in Svizzera, agli autori che lo facevano guadagnare, tra i quali Biagi. Che per suo conto è andato in pensione nel 1975 a 55 anni, deprivando l’Inpgi di cinque o dieci anni di contributi, e aggravandolo di cinque o dieci anni di pensione anticipata.
Tutto ciò è meschino, la grandezza ha sempre qualche ombra. Ma più squallido ancora è doversene occupare, non riuscire a liberarsi, dovendo fare i moralisti, di queste debolezze umane. Avendo di Biagi immagine amena, di quando nelle prime letture di rotocalchi si trovava il suo commentino tv su “Epoca” invariabilmente critico verso il Vaticano che imponeva i mutandoni alle ballerine della Rai. Era il Vaticano di Giovanni XXIII, ma fare il Candido forse non è un delitto. La coerenza invece è un dovere. E Biagi, portato a Roma dai socialisti, imposto anzi alla Rai di Bernabei come direttore del telegiornale, ne sarà il più acerbo nemico – dei socialisti di Craxi naturalmente, e non senza ragione, ma da antisocialista.
I moralisti ci hanno privati, in questo tornante di millennio, della politica e dell'informazione, lasciandoci soli con tro gli affari. Bisognerebbe che non ci privassero anche della questione morale.

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