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martedì 26 aprile 2011

La fine di Ciancimino

Le polemiche fra i Procuratori sono al solito vendicative, ma tra Caltanissetta e Palermo c’è soprattutto una corsa a liberarsi di Ciancimino figlio. Da quando Ciancimino ha preso ad accusare il prefetto De Gennaro, tra le due Procure è una corsa a liberarsene. In entrambe le città ci si chiede che cosa le Procure debbano temere dall’ira del capo dei servizi segreti. E, soprattutto, se Ciancimino non aveva un puparo: non se ne comprendeva l’ascesa, non se ne comprende la caduta se non come terminale di altri giochi.
In questa vicenda molte cose si danno per scontate, anche se turpi. Tutte derivate dall’uso dell’antimafia in forme mafiose: non per colpire la criminalità cioè, ma per regolare partite di potere. È scontato che Ciancimino fosse un bugiardo: furbo, millantatore, ricattatore. Criminale già in proprio, non per il nome. È scontato che sia stato usato da giudici, generali e partiti politici contro avversari in carriera o di schieramento, tra i giudici di Palermo, Catania e Caltanissetta (lo stesso Procuratore Capo di Reggio Calabria, Pignatone, ne fu colpito: oggi giudice stimato, è uno che Palermo ha allontanato), contro il generale Mori, contro Berlusconi e i suoi alleati siciliani, Dell’Utri, Lombardo, “Vasa Vasa”, etc. . Attraverso indiscrezioni, false testimonianze (Ciancimino figlio ha reso false testimonianze anche in tribunale!), interviste compiacenti ai giornalisti di partito, e perfino libri, ampiamente promossi con letture, presentazioni, kermesse storico-letterarie. Col patrocinio di avvocati, oggi onorevoli, da sempre in attività per i servizi di protezione, alquanto riservati se non segreti, delle speciali strutture all'interno del ministero dell’Interno.
È scontato cioè che Ciancimino fosse un bugiardo: si sapeva, tutti sapevano, che barava. Lo sapevano naturalmente anche i giudici. Ma Ciancimino si voleva di più, che non ha mai voluto passare per collaboratore di giustizia: voleva condurre il gioco. Non essere ammesso al godimento del patrimonio delittuoso ereditato, ma esserne il proprio incondizionato padrone. È questo è il punto chiave: come poteva pensare di riuscirci? qualcuno gliene aveva dato garanzia? che poi non aveva mantenuto? O questa garanzia è in corso di essere mantenuta proprio nella prigionia speciale a Parma, da dove Ciancimino potrà uscire con le confidenze non smentibili di Provenzano e uno dei Graviano?
È unanime la convinzione che Ciancimino non può aver tenuto la scena per due anni giusto per essere un esibizionista o un millantatore: deve avere avuto un suggeritore-protettore. Una figura molto siciliana, questa del burattinaio. Il problema è pure che nessun doppiogiochista siciliano è sopravvissuto per raccontare la verità. Cioè: si può morire prima per caso, ma tutti no. Avrà molto da fare Ciancimino a Parma.

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