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mercoledì 25 aprile 2012

È la destra che non c’è, o la sinistra?

Galli della Loggia ripropone nel prossimo fascicolo del “Mulino”, dandone anticipazione sul “Corriere della sera”, la sua tesi che non c’è una destra in Italia. Non sul piano delle idee o culturale. Soffocata per tutto il dopoguerra fino a Berlusconi dal conformismo di sinistra, e successivamente incapace di darsi un’idea e un tono. Berlusconi ha vinto (quasi) tutte le elezioni dal 1994 in poi (in quella del 1996 ebbe più voti, anche se meno parlamentari, di Prodi, e nel 2006 perse per i voti di Lombardo, che non può dirsi uomo di sinistra). Ma “l’obiettivo della «rivoluzione liberale» con il quale … si presentò venti anni fa è stato totalmente mancato”.
È discutibile. Berlusconi ha vinto le elezioni ma non ha saputo, potuto anche, governare. Ha ricondotto alla “ragione repubblicana” l’Msi e la Lega, ma non si è sottratto ai condizionamenti di gruppi e gruppetti, le vecchie correnti – non si spiegano altrimenti le fortune, nel suo schieramento, di gente come Scajola o Pisanu. Non è questo però che interessa lo storico, la novità di questo suo ennesimo intervento sulla “destra che non c’è”. Il fatto nuovo è, dice, che paradossalmente “l’interdetto antifascista” si è potuto imporre nuovamente “sotto le nuove spoglie di interdetto antiberlusconiano e antileghista”. Riportando la storia indietro.
O non è il contrario che è avvenuto e sta avvenendo? Nei numeri e anche nell’opinione: non c’è una sinistra, l’antiberlusconismo non l’ha ricomposta e non l’ha nemmeno rivitalizzata. Perché è morta sotto il conformismo. Coprendosi con un governicchio che ha imposto una serie incredibile di soprusi, e ha creato una serie letale di ingiustizie. È questa la causa della paralisi, italiana, prima ancora che europea: una sinistra con una sola mezza idea avrebbe aperto un qualche spazio politico invece di santificare un mediocre governo di interessi.
Il vuoto non è a sinistra più che a destra? È alla Rai, nei giornali, nel politicamente corretto. Una sinistra che oggi non si sa più nemmeno definire: ogni volta che parla sembra e vuole essere la destra. Una sinistra che già non era più quella di Bobbio, dell’uguaglianza, della solidarietà, ai tempi di Bobbio. Tutti valori medi, “moderati” direbbe Berlusconi – per non dire dei “fascisti” alla Storace: niente di più ugualitario e solidaristico. Né è quella della giustizia che impera, per la carriera di qualche giudice che opportunisticamente si dica compagno - Misiani era un sicuro compagno, Boccassini, che l’ha perseguitato, lo è? Non il fiscalismo del week-end a Portofino, per la vacanza degli agenti delle tasse. O dei contributi al 34 per cento per chi non ha nemmeno un contratto discontinuo, da sprofondare in una previdenza parallela da cui non prenderà mai nulla. La scienza delle finanza è una cosa seria, dove essa ancora si insegna le tasse si pagano, la sinistra non sa nemmeno questo. Ma dov’è la sinistra? Prime firme di questa sinistra sono fascisti e leghisti peraltro dichiarati. C’è, è vero, un predominio incontestato della sinistra nei media, nell’editoria, nella scuola. Qualsiasi giornale uno compri, in qualsiasi libreria si avventuri, in qualsiasi università studi. Ma su che valori, idee, proposte? La mobilitazione, la faziosità, l’esclusione, anche cattiva, con la politica del “gruppo” – la cordata, gli amici degli amici, o compagni. Che seppure siano (siano stati) valori di una certa sinistra (sovietica), non si può dire incarnino o propaghino alcunché di sinistra: d’innovativo, progressista, inclusivo invece che settario. C’è un’asimmetria, ecco. La sinistra si vuole militante, missionaria, resistente. La destra invece “silenziosa”, è stato detto negli anni 1970, e quindi remissiva in ogni manifestazione esteriore, escluso il voto segreto. Per viltà forse, quieto vivere. Forse anche per pudore, una diversa concezione della politica, non totalitaria. Ciò si traduce, in campo culturale, in un’asimmetria opposta rispetto al potere istituzionale ed economico. Della cui forza proterva (regressiva, reazionaria) la sinistra culturale finisce per essere aeda se non guardia, la destra vittima. Lo storico dirà che la promessa liberale non è stata mantenuta in Italia per la resistenza delle istituzioni e degli interessi costituiti: la delegificazione e la deburocratizzazione contro la corruzione, una nuova leva bismarckiana sulla previdenza che consenta contribuzioni e fiscalità in linea col mercato libero del lavoro. Niente che si possa dire di sinistra: corruzione? tasse? imprevidenza? Ciononostante la sinistra si vuole verità e ragione, se necessario col cinismo (calunnia). La destra invece osserva, in cuor uso giudica, e tace. Si veda anche alla Rai, azienda saldamente ex dc. Rai 1 e Rai 2, gestite da Saccà, Del Noce, Mazza, si permettono Santoro, Floris, Annunziata, Benigni, Fiorello, mentre la Rai 3, ex Pci, non lascia passare una virgola on in linea. Si viene rinviati cioè alla casella base: di che sinistra stiamo parlando?

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