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sabato 29 dicembre 2012

Il quasi politico

Monti viene da lontano. Da un progetto tecnico perché programmato. Da parte del nuovo-vecchio blocco confessionale, un progetto neo guelfo. “A vocazione maggioritaria”, come lui stesso ora confessa. Come riprendersi il potere politico, dopo i nuovi importanti acquisti economici: le banche, la sanità privata, il “Corriere della sera”. In aggiunta ai vecchi: l’energia (Eni, Enel e le fonti rinnovabili), la ricerca (Cnr, Infn, Esa), l’insegnamento, dalla materna all’università, la Rai, le Poste). Rompendo il bipolarismo oppure surrogandolo. Con la partecipazione attiva del Vaticano dopo-Woytiła e dei vescovi dopo Ruini.
L’armamento è imponente, ma all’innesco non sembra più Monti il generale giusto. Di un’ingenuità evidentemente falsa, se si è giocata la presidenza certa della Repubblica, onore massimo e duraturo, per fare il capo di Fini e Casini. Ma allora di impudente strategia, invisa ai più. Monti è l’uomo delle tasse e del declassamento dei molti, cui ha reso il fine mese difficile. Vanta una credibilità internazionale di cui i più dubitano, per primi gli europeisti. Non sa parlare politicamente, non è rassicurante. E soprattutto s’indirizza nello stesso alveo che il suo fronte ha scavato: l’antiberlusconismo. Nel progetto doveva raccogliere i voti di Berlusconi, al dunque è uno dei tanti che pescano nell’opinione anti-Berlusconi. Cioè nell’area che il Pd riteneva assicurata – il voto di opinione, che sposta le maggioranze, si stima sui cinque punti percentuali, tra i due milioni e i due milioni e mezzo di voti.
Napolitano lo ha denunciato quando se n’è accorto, in ritardo – il progetto neo guelfo data da almeno un anno e mezzo. La sua reazione a dispetto un paio di mesi fa conferma che il professore pesca a sinistra. L’unica area di voto su cui la sua candidatura inciderà, quella milanese e lombarda, lo vedrà raccogliere i voti passati dai moderati a Pisapia.

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